VIA FRANCIGENA/ Il Priapo ermafrodita di Formello

Formello (Lazio),  12 settembre 2014

   La penultima tappa della Via Francigena, per la precisione la quarantaquattresima, passa da Formello, comune nel parco archeologico etrusco di Veio. È una sosta obbligatoria per i pellegrini diretti a Roma, che dista solo una trentina di chilometri. Anche io mi sono fermata in questo incantevole borgo quando ho percorso il tratto della Francigena da Siena a Roma.


   Pare che l’intera zona fosse una immensa necropoli estrusca saccheggiata nei decenni dai cosiddetti ‘tombaroli’. Tra i ritrovamenti più importanti c’è un’anfora del VI secolo AC con l’alfabetario etrusco che ora si trova nel museo di Villa Giulia a Roma.
   Ma non sono gli etruschi che hanno attirato la mia curiosità a Formello, ma una statua di Priapo ‘femminiello’ che si trova nel palazzo del municipio.
   La scultura, databile tra il 150 e il 175 DC e probabilmente proveniente da una villa romana, raffigura il dio Priapo in vesti femminili nell’atto di mostrare le pudenda. Un transessuale esibizionista ante litteram. Mi ha ricordato quella volta che su un treno diretto a Mumbai un gruppo di eunuchi (gli hijra) avevano alzato il sari davanti al viso dei passeggeri dello scompartimento minacciandoli di chissà cosa se non davano loro delle rupie.
   La statua del Maripara, cosi è chiamata, è stata pesantemente vandalizzata nei secoli. L'ermafrodita Priapo è stato decapitato ed evirato. Fino a un secolo fa l’esuberante dio, che è protettore degli orti, greggi e api, era sulla piazza di Formello. Poi venne rimosso perché ‘privo di pudore’ e chiuso in uno scantinato. È riapparso dopo la seconda guerra mondiale nel giardino comunale e li ha perso la testa. Infine ha trovato la sua attuale sistemazione al primo piano di palazzo Chigi e lo si può ammirare quando si esce dal museo dell’Agro Veientano.
   Non ho trovato molte spiegazioni sul significato di questo travestimento che lascia intendere una bisessualità della divinità simbolo della potenza sessuale maschile. Nella mitologia greca e romana Priapo è raffigurato con un organo genitale deforme, è associato ai riti dionisiaci e alla fertilità agricola. Perché il Priapo di Formello abbia le sottane per me rimane un mistero. Pero è estremamente moderno in un epoca in cui l’identità non binaria non sconcertava nessuno.

Manzoni/ L'epitaffio per la figlia Matilde privata delle virtù del sesso

 Siena,  2 settembre 2024

   Ma cosa intendeva Alessandro Manzoni quando ha scritto sulla tomba della figlia Matilde che "lasciava desiderio di sè per una vita bella di tutte le virtù che sublimano il sesso". Ho riletto i versi dell'epigrafe almeno tre volte, confusa e un po' scioccata. Sublimazione del sesso? Ma che voleva dire? Che la figlia Matilde, morta di tisi "nell'ultimo anno del quinto lustro" (quindi a 25 anni), nubile e ancora vergine, anelava a una vita da cortigiana?  Penso che Manzoni intendeva il sesso femminile, ovviamente, però il verso non è di quelli migliori usciti dall'illustre autore dei Promessi Sposi.  

La tomba di Matilde Manzoni nel convento della basilica di Santa Maria dei Servi a Siena 

   Ho scoperto la tomba di Matilde Manzoni, ultima dei nove figli del grande scrittore lombardo, totalmente per caso a Siena, nel chiostro della basilica di Santa Maria dei Servi, che sorge appunto in piazza Manzoni.  I frati mi hanno dato ospitalità per una notte nella foresteria dopo aver presentato le "credenziali" di pellegrina sulla via Francigena. Nel fantastico convento medioevale, mentre aspettavo di essere accompagnata nel dormitorio, mi sono imbattuta in questa lapide con questa bizzarra iscrizione attribuita a Alessandro Manzoni. 

   La tomba mi ha intrigato e ho fatto un po' di ricerca. La povera Matilde fu praticamente abbandonata dal padre, lo si conosce dai suoi diari (pubblicati nel 1992 da Adelphi con il titolo Journal, a cura di Cesare Garboli). Orfana di madre ad appena tre anni, chiusa in un convento di clausura fino a 16 anni e poi portata da una sorella in Toscana, la povera Matilde è morta il 30 marzo 1856 senza vedere il padre che manco rispondeva alle sue lettere. Era malata da ben quattro anni e Manzoni lo sapeva. L'ha fatta tumulare nel convento insieme a una sua nipotina morta prematuramente. 

  Nel febbraio 1855, un anno prima di morire tra le braccia della sorella Vittoria,  scriveva nel suo diario:  "Ho avuto gran momenti di malinconia, te lo confesso, m’ero proprio scoraggiata, […] Pensavo tante volte: quando starò peggio, scriverò a papà che per carità venga, non posso proprio morire senza rivederlo e senza che mi conforti colle sue parole e la sua benedizione!...Vero, caro papà che se dovessi star male tu verresti?» (febbraio 1855).