Santa Cruz de Tenerife (Canarie Occidentali), 23 marzo 2024
Coltivo un piacere quasi perverso per i cinema d'essay. Stanno scomparendo come ghiaccio al sole, ma quando ne trovo uno mi ci fiondo come se non ci fosse un domani. Ieri ero appena arrivata con la mia barca a vela Maneki alla marina di Radazul, nel nord di Tenerife, a dieci chilometri dalla sua capitale Santa Cruz. Nella mia isola preferita, La Gomera, non ci sono cinema, quindi ogni volta mi trovo in una grande città la prima cosa che faccio è cercare una sala cinematografica. A Santa Cruz di Tenerife ho trovato il "Price Prime", sulla rambla, in pieno centro, sopravissuto miracolosamente alle multisale degli shopping mall. Un tizio che gentilmente mi ha caricato mentre facevo autostop (il bus non passava e non volevo perdermi la proiezione) pensava fosse chiuso da tempo e non si ricordava manco dove fosse. Il che non ha fatto che aumentare il mio godimento.
Il Price Prime è in calle Salamanca, ha una facciata Anni Settanta e trasuda quell'aria retrò che promette davvero bene per un cinema di qualità. Per un colpo incredibile di fortuna in cartellone c'era una pellicola del 1989, "Guarapo", che racconta una storia ambientata proprio a La Gomera. Un segno del destino, un film sulla mia isola preferita e che film! Non ho alcuna idea perchè nella programmazione del Price Prime vi è un film di ben 25 anni fa. Forse è rimasto in cartellone dall'inaugurazione della sala oppure è sponsorizzato dall'ufficio turistico, visto che fa vedere La Gomera in tutto il suo splendore.
La locandina del film |
"Guarapo" è un film che non esiterei a definire neorealista. E' dei fratelli Teodoro e Santiago Rio, "padri del cinema canario", sconosciuti fuori dell'arcipelago, che all'epoca avevano realizzato una trilogia sulla storia delle isole, in particolare sui problemi sociali. Una cosa di super nicchia, da vecchi intellettuali di sinistra, impensabile ai giorni nostri. La storia racconta di come si viveva a La Gomera sotto il franchismo e in particolare quando la vita sociale e economica era dominata dai latifondisti in combutta con il potere militare e la Chiesa. Per i poveri braccianti, come Benito, detto Guarapo perché era particolarmente abile a estrarre la linfa delle palme canarie che serve per fare uno sciroppo dolce e anche un liquore, non c'erano speranze di migliorare la propria esistenza se non quella di emigrare clandestinamente in America Latina. E' il destino di molti giovani che nel Dopoguerra attraversarono l'Atlantico in cerca di fortuna, in Venezuela soprattutto, e che non sono mai più tornati. Il film è dedicato a questi migranti che furono costretti ad abbandonare le loro famiglie per fuggire alla miseria e a una vita di angherie e sopraffazioni. Descrive una povertà e disagio sociale simile a quello del mezzogiorno italiano. In "Guarapo" c'è una famiglia ricca, quella di don Luis Ventura, che ha un potere assoluto sui contadini che lavorano nelle piantagioni di banane (e anche sulle loro mogli), un parroco corrotto, un commissario di polizia alcolizzato e la repressione franchista che eliminava i dissidenti e proibiva l'immigrazione. Le scene sono ambietate nei luoghi più suggestivi della isola, come erano tre decenni fa prima dell'arrivo del turismo. Bellezze da brivido che ancora oggi esistono come alcuni sentieri che ho riconosciuto della foresta del Cedro e dei dirupi intorno al Roque de Agando. Il "silbo", il fischio che i gomeri usano (ancora oggi) per comunicare da una valle all'altra, è onnipresente ed è usato come linguaggio criptato per aiutare il ribelle Guarapo a fuggire alla polizia e a imbarcarsi su una goletta diretta in Venezuela.
Non è ovviamente un film da Oscar, ma per chi conosce La Gomera, i suoi paesaggi e le sue tradizioni, è assolutamente da vedere. Non ci sono i sottotitoli, ma lo spagnolo è abbastanza comprensibile anche se è dialettale. Ma ancor più rilevante è la sua documentazione di un immigrazione che oggi è presente ma in senso contrario. Migliaia di Guarapo africani in questi anni sono approdati sulle coste canarie con dei barconi pagati a caro prezzo, anche loro in fuga da miseria e dittature, lasciando indietro le loro radici, amori, legami familiari. Stessi disperati ma su un'altra sponda dell'Atlantico.
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