Tenerife, 20 giugno 2023
A nord di Corralejo, la colonia italiana e paradiso dei surfisti nell’isola di Fuerteventura, c’è un antico porto spagnolo, El Cotillo, risalente al XVII secolo. È stato un avamposto importante per i commerci con l’isola di Madeira, oggi portoghese. Di quel passato è sopravvissuto solo un pezzo di fortificazione, la Torre del Tostòn, da dove si respingevano a cannonate i pirati francesi e inglesi. Lo scheletro di zio a El Costillo (Fuerteventura) (Foto Maria Grazia Coggiola)
Sono arrivata a El Cotillo in bicicletta da una strada sterrata lungo la costa e che passa tra le più belle spiagge di Fuerteventura. Un bel percorso di circa due ore da Corralejo. El Cotillo oggigiorno è soltanto un attrazione turistica, le case dei pescatori sono ristoranti e lounge bar. Ma davanti alla massiccia torre ho scoperto qualcosa di veramente interessante che ha risvegliato la mia curiosità. Su un piedistallo sorge uno scheletro di ‘zifio’, una balena che somiglia un po’ a un siluro e che risulta essere uno degli animali più enigmatici e meno conosciuti sulla terra. Il cetaceo, leggo su un pannello, è stato ritrovato sulla costa nord di Fuerteventura il 24 luglio del 2004. Si ritiene che il suo spiaggiamento sia stato causato da esercitazioni navali in corso negli stessi giorni davanti alla costa del Marocco. Altre due balene sono state trovate morte a Lanzarote. Nelle manovre militari Nato-Usa, chiamate Majestic Eagle, che coinvolgevano diverse portaerei e sottomarini, sono stati usati i dispositivi sonar, che - come hanno provato studi scientifici - hanno effetti devastanti sui cetacei a causa dell’elevata potenza di decibel. Per fuggire al chiasso assordante dei sonar, usati per intercettare i sottomarini, le balene si immergono o riemergono velocemente andando incontro a danni legati alla decompressione proprio come avviene per i subacquei. In seguito il sonar è stato proibito in un raggio di 50 miglia dalle isole Canarie. Ma cosa sono 50 miglia per una balena?
La Torre del Tostòn a El Cotillo (Fuerteventura) (Foto di Maria Grazia Coggiola) |
Lo scheletro di zifio che avevo davanti misurava 5.75 metri ed era una femmina adulta. Questa specie, nota anche come 'balena dal becco di Cuvier', è presente in tutti gli oceani, ma è molto raro avvistare gli esemplari nel loro habitat. Si pensa che siano in grado di immergersi a grandi profondità e rimanere diverse ore senza tornare in superficie a respirare. Non si sa se siano numerosi, ma non sono classificati tra le specie in via di estinzione perché di tanto in tanto si ritrovano negli spiaggiamenti anche in Meditarraneo. Mi sono ricordata che nel libro “Le Regine dell’Abisso”, la ricercatrice australiana Rebecca Giggs, scrive che “questi animali, a volte lunghi come autobus, esistono sugli spalti della storia naturale, in uno spazio tra la congettura e il campione. Si sa molto di più dei loro antenati, dai fossili custoditi negli archivi museali , che non delle creature viventi. Sono state chiamate ‘il gruppo meno compreso di animali di grossa taglia sulla Terra’”.
Dopo Fuerteventura ho continuato la navigazione con la mia barca a vela Maneki verso Tenerife e per caso, di nuovo, ho avuto a che fare con un cetaceo spiaggiato. Per un paio di giorni, il tempo della mia navigazione, la stazione radio di Las Palmas ha lanciato avviso ai naviganti (sul canale VHF 16 che è quello sempre aperto quando si naviga) relativo a una “balena alla deriva” di circa 4 metri di lunghezza e di colore grigio-nero. La carcassa era stata avvistata a sud di Tenerife, più o meno dove sarei dovuta passare io, il che mi ha creato un po’ di apprensione. Un ostacolo di quattro metri è sufficiente ad affondare una barca di nove metri…e di notte è impossibile vederlo. Le allerte radio si sono susseguite ogni due o tre ore e ogni volta sempre con una diversa posizione espressa in coordinate. Sulla mia carta nautica ho tracciato il percorso della povera balena alla deriva che in 24 ore da sud Tenerife è finita a sud di Gran Canaria spinta da venti e correnti. L’ultimo bollettino che ho sentito prima di spegnare la radio dopo aver ancorato nella baia di Las Galletas, a sud est di Tenerife, e andare finalmente a dormire era che si trovava a Maspalomas. Nonostante la stanchezza, mi sono ricordata di un altro passaggio del libro che citavo prima, Le Regine degli Abissi, dedicato alla “whalefall” ovvero alla caduta della balena, che subentra in seguito alla decomposizione del mastodontico corpo. Innanzitutto il cetaceo morto galleggiante è un banchetto per uccelli marini, pesci e tutti coloro che si trovano nei paraggi. L’olezzo di una balena decomposta è terrificante, mi ricordo dell’unica volta che ne ho visto una spiaggiata a Palolem, a sud di Goa, la ex colonia portoghese nell’India meridionale.
Pare che un cetaceo morto possa galleggiare per settimane, dipende dalla specie e dalla quantità di olio nella testa. L’autrice Rebecca Giggs descrive minuziosamente gli effetti della caduta nel buio permanente dei freddi abissi oceanici dove va a sfamare un gran numero di creature. “Più di duecento specie diverse possono occupare la cornice di una sola carcassa di balena” una volta che è sul fondo oceanico, terreno ancora inesplorato dall’uomo e probabilmente fonte di molti segreti sulla vita terrestre. È solo dal 1977 che si osservano le “cadute di balene” che portano la vita negli abissi innescando un proliferare di organismi bizzarri e affascinanti. Il “cetaceo alla deriva” si inabisserà forse a 1000 o 2000 metri nell’Atlantico, dove non è mai stato da vivo, e sarà spolpato da creature che probabilmente nessuno ha mai visto o catalogato, proprio come gli zifi.