San Sebastian de La Gomera, 7 marzo 2021
Un classico esempio di come le buone intenzioni possano rivelarsi con il tempo dei disastri ambientali. Nei fondali marini di tutto il mondo, comprese le Canarie, giacciono milioni di pneumatici usati di tutte le marche e dimensioni. Erano stati deliberatamente buttati in mare a partire degli anni 70 con lo scopo di creare delle barriere artificiali lungo le coste per generare un ecosistema marino e favorire la pesca. La "pensata", supportata da ricercatori americani, come quelli della Osborne Reef in Florida, e naturalmente dai produttori di gomme si e' rivelata del tutto fallimentare con gli anni. A causa degli uragani tropicali e delle correnti marine oceaniche le gomme sono finite ovunque e quello che e' peggio si e' scoperto che erano inquinanti e non biodegradabili a causa della mescola di colle e sostanze chimiche necessarie per la lavorazione del caucciu'.
Non e' chiaro se le discariche di gomme sui fondali delle Canarie siano frutto degli infausti progetti di favorire la pesca costiera oppure siano stati trasportati qui dalle correnti atlantiche. Da alcuni anni il problema e' venuto a galla anche nell'arcipelago spagnolo. Ci sono dei progetti di recupero delle gomme con l'aiuto di università, associazioni ambientaliste e subacquei specializzati. Si' perché questo tipo di pulizia richiede una certa expertise ed e' ovviamente costosa.
Volontari dell'associazione Sebadal (Foto Sebadal) |
All'isola de La Gomera, una delle più piccole delle Canarie, la pulizia e' iniziata soltanto quest'anno grazie a un accordo con una piccola associazione ambientalista locale, Aglayma e il club subacqueo El Sebadal. Lo scorso venerdì i volontari hanno effettuato la loro seconda uscita nei pressi del porto di San Sebastian (leggi qui la notizia) a cui ho partecipato anche io. Avevano già individuato il tratto di fondale da ripulire e si trattava solo di recuperare le gomme. Il compito e' abbastanza complicato. Si tratta di sollevare i pneumatici, che spesso sono tra le rocce o sommersi nella sabbia e attaccarli a un pallone gonfiabile che li porta fino alla superficie. Quindi il materiale viene issato a bordo da altri volontari sulla barca di appoggio. In due ore di lavoro sono state recuperate mezza dozzina di gomme da auto e una più grande, probabilmente di un escavatore. Ovviamente più e' pesante la gomma e più grande deve essere il pollone gonfiabile. Il materiale e' stato poi preso in consegna da addetti municipali e inviato ad un impianto di riciclo dei pneumatici (tra i vari usi c'e' quello di farne del catrame per il manto stradale).
Con i volontari di Aglayma e Sebadal (Foto Aglayma) |
Non ci sono statistiche su quanti pneumatici possano esserci sui fondali delle Canarie. Circa 40 anni fa, vicino a Fort Lauderdale, in Florida, le autorità locali e i pescatori diedero vita alla costruzione di una barriera artificiale, la Broward Artificial Reef, buttando circa due milioni di gomme a una ventina di metri di profondità. I pneumatici erano tenuti insieme da cavi metallici che pero' evidentemente non furono abbastanza resistenti alle intemperie. Al progetto partecipo' anche la marina americana e la industria Goodyear, tutti convinti di fare un ottimo lavoro e nel contempo anche di sbarazzarsi di tonnellate di gomme usate. Negli anni, e con costi enormi, ne sono stati recuperati solo un terzo (leggo da Wikipedia).
Il progetto fu imitato in tutto il mondo, e analoghe barriere "pneumatiche" (tires reefs) furono create nel Golfo del Messico, Indonesia, Malaysia e lungo le coste africane. Addirittura "l'esperimento" americano fu replicato in Costa Azzurra dove il governo francese ha speso una fortuna per ripulire il fondale.
Nessun commento:
Posta un commento