Fuerteventura, 8 agosto 2020
Nelle mie peripezie di mare e di terra, ogni tanto mi imbatto ogni tanto in storie che meriterebbero diventare dei film o dei libri sicuramente di successo. Una di queste e´ quella di Antonino El Farero, all´anagrafe Antonio Hernandez Paez (1913-2001), che fu l´ultimo guardiano del faro in un isolotto disabitato delle Canarie. L´isola di Lobos, un frammento di terra vulcanica emersa dall`oceano tra Lanzarote e Fuerteventura, e´gia´di per se un luogo di grande ispirazione. Per fortuna fa parte del parco naturale Dunes de Corralejo, ospita diversi uccelli migratori e abbonda di vita sottomarina. Quindi e´rimasto intatto da quando nel 1968 Antonito se ne ando´ in pensione, ultimo addetto al fanale del Faro de Martiño, sulla estremita´ settentrionale dell´isolotto. Il suo mestiere era diventato ormai obsoleto con l´arrivo dell´elettricita´e dei comandi automatici.
Era arrivato sull´isola come ¨aiutante¨ del precedentee farero nel lontano 1936, era sposato e aveva avuto ben otto figli, alcuni nati nello stesso faro dove risiedeva con la famiglia, unico abitante di Lobos. Per arrotondare lo stipendio, o forse quando era gia´in pensione, aveva avviato una trattoria di pesce per rifocillare gli escursionisti che ogni giorno arrivavano con il battello dalla vicina Corralejo, a circa un miglio di distanza. Il ristorante esiste ancora oggi ed e´gestito da alcuni suoi figli e nipoti. Ma non e´ vicino allo storico faro entrato in funzione nel 1865, che e´sulla costa settentrionale, quella piu´aspra, ma all`opposto, sulla punta a sud, in una incantevole insenatura dalle acque di smeraldo, chiamata El Puertito, dove ci sono anche altre casupole e dove sorge un centro di informazione sul parco. Dal faro dista un´ora circa di cammino, su un sentiero, che Antonito percorreva con un mulo. Leggo che il guardiano del faro, nei suoi 50 anni di vita da eremita, era diventato un personaggio pubblico. Purtroppo non sono riuscita a parlare con i suoi familiari e a visitare il ristorante dove ci sono alcune foto di Antonito.
Da quando e´ finito il lockdown, arrivano a Lobos ogni giorno decine di turisti e i pochi tavoli alla trattoria di Antonito sono ambitissimi. Gli attuali gestori, che hanno anche un chiosco dove vendono bibite e cibo di asporto, erano troppo stressati dal lavoro per chiacchierare con me. Sono presi d`assalto da decine di gitanti che sgomitano per assicurarsi un posto sul minuscolo molo del Puertito. Anche quando sono andata, dopo le 18, quando dopo l´ultimo water taxi l´isola si svuota e ritrova la sua pace, non mi é sembrato che avessero voglia di condividere con me le storie del loro illustre progenitore, alla cui memoria e` stata dedicata anche una scuola a Corralejo
Sono stata a Lobos una settimana alla fonda con la mia barca a vela Maneki, davanti all´unica spiaggia, La Concha, tanto mi hanno affascinato le sorprendenti ricchezze di qusta isola. Il suo nome, che in spagnolo significa lupi, deriva dal fatto che c´erano delle foche monache (lupi marini?) ora estinte.
Ma non e´tutto. Su Lobos ai tempi dei romani sorgeva anche un centro per l´estrazione e la lavorazione della porpora, un prezioso pigmento che si estrae dalle ghiandole di molluschi e che era il sinonimo di lusso e potere nella Roma imperiale e ancora prima per i Fenici. La scoperta del sito archeologico ¨Lobos 1¨ nel 2012, nei pressi della spiaggia La Concha, con il ritrovamento di manufatti risalenti añ I secolo AC e I secolo DC, ha gettato una nuova luce sulla storia delle isole Fortunate, come sono chiamate le Canarie d Plinio il Vecchio.