Lanzarote, 30 luglio 2020
All'ombra del suo cactus, nel cimitero di Haria, il buon
Cèsar Manrique, artista e paladino ecologista di Lanzarote, se la ride sotto i baffi. Il coronavirus ha messo in ginocchio l'industria turistica delle Canarie (e di tutto il mondo). Nonostante la riapertura dei voli low cost e il marketing che invita alla "vacanza sicura" l'arcipelago spagnolo tarda a riprendersi dalla botta. Pur avendo avuto meno infezioni rispetto alla "peninsula", sono ancora pochi gli stranieri che affollano gli alveari di alberghi e residence. E' vero che l'estate e' considerata bassa stagione per le Canarie in quanto deve fronteggiare la concorrenza di altri paradisi vacanzieri nel Mediterraneo, pero' rispetto agli altri anni c'e' stato un crollo verticale dei flussi dall'estero.
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Complesso in costruzione a Playa Blanca (sud di Lanzarote)
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I mega resort, ristoranti, parchi del divertimento rimangono chiusi. Villaggi vacanza fantasmi, la polvere che si accumula sui tavolini e gli ombrelloni che sbiadiscono. Cosi' vuote nessuno aveva mai visto le Canarie. E tra gli isolani c'e' anche chi e' contento di rimpossessarsi del proprio paradiso. C'e' quasi un aria di complicità' quando alla sera la gente di Arrecife si raduna nei baretti del charco e parla dialetto. Per altri ovviamente e' una catastrofe, soprattutto i grandi alberghi legati al tour operator. L'ultima tegola e' stata la decisione della Gran Bretagna di imporre la quarantena per chi proviene Spagna, isole comprese.
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Dal quotidiano La Provincia del 10 luglio |
Il risultato insomma e'che molti ecomostri, costruiti all'epoca di Manrique (morto nel 1992 in un incidente stradale) e soprattutto dopo la sua scomparsa, come quelli di Playa Blanca o Puerto del Carmen, sono deserti. E chissà' se mai si riempiranno, si chiede qualcuno. Come sono deserti i centri commerciali costruiti intorno ai grandi complessi, ristoranti, fast food e parchi giochi. Proprio quelli contro cui si batteva l'artista di Lanzarote.
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