New Delhi, 8 agosto 2016
Oggi si celebra l’Earth Overshoot Day,
il giorno dell’anno in cui l’umanità esaurisce la disponibilità annuale di
risorse naturali rinnovabili sul pianeta. Significa che da domani in avanti
fino al 31 dicembre siamo in debito con Madre Natura, nel senso che consumiamo più
acqua pulita, suolo, foreste, pesci e materie prime di quanto la Terra sia in
grado di produrre. Nel 2000 questa data era agli inizi di Ottobre.
Non so quanto attendibile
sia questa statistica, ma mi sembra abbastanza ovvio che stiamo andando verso l’autodistruzione.
Proprio oggi – guarda la
coincidenza – sono andata a sentire una conferenza di Vandana Shiva, la
scienziata indiana paladina della tutela della biodiversità e delle banche dei
semi contro le multinazionali dell’OGM.
E’ da una vita che la Shiva fa la “Cassandra” denunciando le monocolture
e l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici che impoveriscono i terreni e anche
causano moderne malattie come i tumori.
Per anni l’attivista è
rimasta confinata nei circoli alternativi o nei Global Forum. Adesso invece,
come è successo oggi, viene invitata a parlare davanti a delle business community. I corsi di agricoltura organica organizzati
dalla sua organizzazione Navdanya a Dehradun (Himachal Pradesh) sono frequentati
da manager. Il fallimento del nostro modello di produzione e consumo è ormai
così evidente che preoccupa anche i ‘decision makers’.
La ‘vision’ di Vandana
Shiva è sacrosanta perché è l’unico modo per non cannabalizzare il pianeta oltre
che di fermare lo strapotere delle multinazionali. Dubito però che sia fattibile dove si sono completamente distrutte tutte le conoscenze a causa dell’agricoltura e allevamento intensivo. In attesa che i microorganismi
si rigenerino e rendano il suolo di nuovo fertile senza l'uso di urea rischiamo
di morire di fame…Si pensi, per esempio, se i contadini indiani fossero costretti
a tornare indietro a prima della cosiddetta ‘rivoluzione verde’ che grazie alla
chimica ha aumentato la produttività per ettaro.
Grazie alle resistenze di
movimenti anti OGM come quello della Shiva, l’India ha però saputo respingere
ogni assalto di Monsanto e delle big corporation. Anzi sembra che proprio dallo stesso premier
della destra, Narendra Modi (nonostante sia appoggiato da industriali) arrivi una forte
spinta verso l’agricoltura organica. Il piccolo stato del Sikkim, nel nord est,
vicino al Bhutan, si vanta di essere organico (nel senso che non usano
pesticidi e fertilizzanti nei campi) al 100%. Sarebbe bello se l’India, che ha
una tradizione millenaria di biodiversità, diventasse la portabandiera di un movimento mondiale per l’agricoltura organica.
L’India è già un
laboratorio per alcune idee che in Occidente sono altamente ‘sovversive’ e
circolano solo in alcuni ambienti semi clandestini.
Due sere fa per esempio
all’Alliance Francaise (che non è un covo di anarchici) hanno proiettato il
documentario Sacrée Croissance dove si critica il dogma della crescita e si esalta invece una economia
circolare, un po’ come l’agricoltura sostenibile, basata su urban farming e
produzioni locali. Sono idee nuove che circolano oggi, ma che purtroppo hanno
ancora scarso seguito perché sono delle ‘Inconvenient Truth’ tanto per citare il
famoso documentario Oscar di Al Gore di dieci anni fa.
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