Delhi due mesi dopo, sparito il mio bar preferito e pure l'edicola

New Delhi, 27 Febbraio 2016


    Dopo due mesi a gironzolare in moto nel sud dell'India, sono tornata a New Delhi. Nonostante l'esperimento delle targhe alterne la qualita' dell'aria non è migliorata. Il traffico è sempre li', più che mai aggressivo. Ammetto che ci vuole un certo addestramento per circolare in moto o, peggio, in bici.
    Sono aumentati anche i lavori in corso. Anche al parco di Hauz Khaz, dove vado a correre, hanno divelto un marciapiede e stanno scavando in cerca di non-so-cosa.
    Su un fianco e dietro casa mia hanno demolito due palazzi (che non erano vecchi) pezzo dopo pezzo tra nuvole di polvere. Dalla mia terrazza ho la vista sui cantieri. Una trentina di manovali stanno armando delle colonne portanti. Sono già al secondo piano, sembra che facciano a gara a chi va più in fretta. Hanno eliminato gli alberi e cortiletti davanti per edificare il massimo della superficie. Cosi' che la porta di ingresso sara' in pratica sulla strada.
    Stamattina sono andata al mercato di Green Park per fare colazione e prendere il giornale. Il bar dove andavo di solito, uno della catena Cafe Coffee Day, è completamente sventrato. Hanno rimosso il pavimento, scrostato le pareti, è un guscio vuoto. Mi hanno detto che lo stanno "ristrutturando". Ma io me lo ricordo in ottimo stato, anzi era il posto più accogliente del quartiere!
    Poi sono andata a comprare dei settimanali nell'edicola di fianco che vende anche dvd e musica. Sulla saracinesca chiusa leggo che ha traslocato poco distante vicino a una lavanderia. Mi ci è voluto un po' per trovarlo. E' ora in uno piccolo scantinato e la merce è tutta ammassata. Il proprietario mi ha detto che gli hanno chiesto 350 mila rupie al mese, che è oltre 4.500 euro. Ovviamente il poveretto non ce la fa a pagare vendendo magazine da 30 o 40 rupie. E' il trend di tutti i mercati a Delhi che poco a poco stanno buttando fuori i vecchi commercianti. Non so se è l'avidità dei padroni di casa o dei grandi gruppi che vogliono spostare i consumatori nei mega mall in periferia.
   Questo, insomma, per dire cosa sta succedendo a New Delhi. E sono passati solo due mesi....

MARO’ 4 ANNI DOPO 2 /Cosi’ parlo’ il comandante Vitelli

Palolem (Goa), 15 febbraio 2016
   Uno dei personaggi piu’ misteriosi in tutta la vicenda e’ il comandante della petroliera Enrica Lexie, Umberto Vitelli. Il suo ruolo e’ stato delicato perche' e’ lui che ha deciso di tornare in porto quando le autorita’ indiane glielo hanno chiesto. Il suo padrone era l’armatore e non la Difesa italiana...Di lui non si e’ saputo nulla, e’ stato tre mesi in ostaggio a Kochi quando la nave era sotto sequestro. Quando e' ripartito il suo contratto lavorativo era ormai in scadenza.
   Nel giugno del 2013 pero’ e’ tornato in Kerala per testimoniare all’ufficiale P.Vikraman della National Investigative Agency. E’ stato costretto a tornare perche’ la Corte Suprema prima di dissequestrare la petroliera aveva chiesto all’equipaggio di rendersi ‘disponibile’ per la magistratura. Pe garantire la presenza dei testi i giudici avevano imposto una pesante cauzione (che e’ poi stata restituita all’armatore dopo l’interrogatorio).
  Questa e' deposizione di Vitelli che era allegata tra i documenti presentati all’Itlos. Niente di segreto quindi.
    Lui non c’era sul ponte di comando al momento degli spari, ma quando ha sentito “urlare” e’ andato sulla plancia ad assicurarsi che la nave fosse pilotata a mano per mettere in atto le misure anti pirati (accelerazione e zig zag). Sostanzialmente dice che non si occupava di cosa facevano i maro’, ma soltanto della sicurezza della nave secondo il manuale delle Best Management Practices (dell’Imo). Anzi probabilmente come traspare era anche un po' irritato ad avere gente armata a bordo. Dice che a Galle, in Sri Lanka, quando ha imbarcato il team Latorre, sono state issate a bordo delle ‘casse’di armi, ma che non sapeva cosa erano perche’ era segreto della Difesa. Secondo lui, non si e’ trattato di un attacco di pirati.
   Interessante e’ sapere che i maro’ erano saliti il giorno prima,quindi erano solo da un giorno a bordo!


Annex 27

STATEMENT OF MR VITELLI UMBERTO, CAPTAIN OF THE MV ENRICA LEXIE, 15

JUNE 2013



Statement of Mr. Vitelli Umberto, Age 50, PasteraMassalubrense, 5/A

Lumbrense, N5-80061, Napoli, Passport No.F575264 of Italy, Master of

EnricaLexie, Mob No.+39339719130Email- carionov@hotmail.com

My name is Umberto Vitelli, aged 50 yrs. In 1998, I completed my

graduation. After completing the graduation I joined a Merchant vessel MARE

LIGURE as a deck boy. I have 16 years of shipexperience and during this

period Iwas promoted as Master of the ship in the year 2010. In the end of

November, 2011 I joined the Merchant Vessel Enrica Lexie as a Master. 

MARO’ 4 ANNI DOPO 1/ Qualche dubbio e un consiglio

Palolem (Goa), 15 febbraio 2016
   Sono esattamente quattro anni che io (insieme al mio collega dell’Ansa di New Delhi Maurizio Salvi) mi occupo della sventura dei due maro’ arrestati in India. Personalmente e’ il caso che piu’ ho seguito e che piu’ mi appassionato nella mia carriera. Ho letto quintali di carte, parlato con decine di persone, tra cui i pescatori superstiti, scarpinato su e giu’ per il Kerala e per il Tamil Nadu cercando di capire quello che successe il 15 febbraio 2012. Un anno fa sono perfino salita di soppiatto sul peschereccio S.Antony sotto sequestro al porto di Neendakara e ho fotografato di nuovo un foro di un proiettile nel tettuccio. Tanto per ricordarlo, in quel giorno di quattro anni fa sono morti il pescatore Jelastine, che era nella cabina al timone e il giovane Binki, che invece era a poppa a fare i bisogni. Gli altri nove della ciurma dormivano sopra le reti. Nonostante le mie ricerche, non sono mai riuscita a capire come sono andate le cose.
   Ovviamente sarebbe stato molto piu’ semplice se Latorre e Girone avessero detto che cosa e’ successo e perche’ sono ‘innocenti’ come spesso hanno sostenuto. Oppure se il governo italiano avesse reso pubblico il rapporto del team guidato dall’ammiraglio Alessandro Piroli che ha indagato in India. Nell’aprile 2013 La Repubblica ha sostenuto di avere visto le conclusione e ha fatto uno scoop. Ha scritto  che non sono stati loro a sparare, ma altri maro’ del team Latorre composto in totale da sei militari.
   Per anni ho creduto a questa versione finche’ mi sono imbattuta nella testimonianza resa alla polizia indiana del comandante Umberto Vitelli (che pubblico integralmente in un altro post) e le altre deposizioni dell'equipaggio. Lui dice che sul ponte a dritta c’erano Latorre e Girone.
     Siccome di recente sono stata una ventina di giorni su una nave cargo e venendo dall'Europa in India ho attraversato la “zona ad alto rischio” per la pirateria, so molto bene quali sono le procedure di sicurezza e quindi so perfettamente di cosa parla il capitano Vitelli.
   Ma non e’ solo questo che mi preme sottolineare oggi in questo anniversario di un caso che bene o male ha occupato quattro anni della mia vita. Proprio per questo mi arrogo il diritto di dire alcune cose:

1 Non si capisce per quale motivo l’Italia chiedera’il 30 marzo al tribunale arbitrale costituito all’Aja il rilascio temporaneo soltanto di Girone e non di Latorre. E’ vero che quest’ultimo e’ in Italia, ma per la giustizia indiana e’ sempre in liberta’ provvisoria con un permesso speciale per curarsi che scade il 30 aprile.

2 Secondo me Roma non doveva di nuovo sfidare la Corte Suprema (istituzione molto potente in India) dicendo che Latorre non torna ancora prima della scadenza del suo permesso.E' vero che la sentenza dell’Itlos del 24 agosto 2015 che ordina alle due parti di mantenere lo ‘status quo’ sulla contesa potrebbe essere interpretata come un diritto di Latorre a rimanere in Italia. Ma se la decisione e’ unilaterale italiana e l’India non e’ d’accordo, questo potrebbe essere un nuovo elemento di irritazione di Delhi.

3 Anche se adesso c’e’ una corte arbitrale, secondo me non bisogna abbandonare la via dei negoziati tra diplomazie.Lo scritto e lo ripeto, Renzi e Modi devono incontrarsi e parlarsi a quattrocchi. E’ di reciproco interesse.

Hampi, finalmente ho incontrato Baba Cesare

Hampi, 7 febbraio 2016

   Erano anni che cercavo Baba Cesare, il sadhu italiano, famoso in mezza India e ora anche in Italia grazie a un suo libro di memorie 'dettate' a Folco Terzani ("A Piedi Nudi sulla Terra", 2011).
L'ho trovato dove e' stato negli ultimi 25 anni... nella sua grotta-ashram a Anegundi, sulla riva nord del fiume Tungabhadra, vicino al vecchio ponte in rovina.
   Per arrivarci bisogna prendere un cestone dalla riva sud, oppure attraversare un torrente se si e' dall'altra parte. Io ci sono arrivata dal nord, dalla strada che va alla collina di Anjaneya, dove secondo la tradizione e’ nato Hanuman. Questa zona,come mi ha raccontato Baba Cesare, era il regno delle scimmie, e di fatti da lui e’ pieno di langur e macachi.

   Baba Cesare, di cui non so il cognome, e’ un ex freak torinese scappato dall’Italia per vicende di droga. Un ribelle ma di destra, cacciatore di donne ma allergico alla famiglia, che come tanti ha trovato nell’India un rifugio e soprattutto una riserva infinita di droghe, come ho letto nel suo libro.
   A un certo punto, stufo dello sballo contino, e' diventato un 'sadhu', un asceta, un po’ per scelta, ma anche per necessita’ per continuare a vivere liberamente in India quando ormai non si poteva piu’ a causa delle leggi piu’ severe contro gli stranieri senza visto e senza passaporto.
   La sua vita e’ stata rocambolesca, fuori e dentro le prigioni, a zonzo sulla via dei freak dalla Turchia al Nepal, e poi gli ultimi cinque lustri in una grotta ad Hampi. In un certo senso e’ sempre stato coerente con il suo spirito anti conformista. Ha una figlia che ha rivisto due anni fa quando e’ andato al salone del libro di Torino e che fa la designer, mi ha detto. Ma dal libro si capisce che ha anche altri figli...
   Ora ha 70 anni, e' in po'mal messo.. non riesce piu’a camminare se non per brevi tratti e ha un’asma cronica. Vicino al suo letto ci sono le bombole dell’ossigeno. Ma nonostante il respiro affaticato, all’alba fa ancora qualche tiro di cilum in un una delle sue creazioni in terracotta a forma di serpente.

La magia di Hampi e delle sue rocce,

Hampi (Karnataka), 5 febbraio 2016

VEDI GALLERIA FOTO

    Sono tornata ad Hampi dopo quasi una decina di anni e sono stata contenta di trovare la magia di sempre.   Nel bazar, intorno all’enorme tempio Virupaksha o Pampapathi, sono state demoliti negozi e altre stutture che ricordo erano ammassare sulle rovine. Adesso e’ emerso nella sua bellezza tutto il tempio.
   La sponda nord del fiume Tungabhadra, e’ sempre quella che ‘tira’ di piu’ soprattutto gli israeliani e tutta quella fauna freaks che si vede a Goa. In effetti si sono moltiplicare le guesthouse, ma sono rimaste quelle storiche.
   Io sto un po’ in fondo alla Shanti Guesthouse, in una stanza senza bagni a 350 rupie, con dondolo privato in veranda e vista risaia. In questa stagione le risaie sono di un verde brillante che sembrano quasi finte. I famosi massi di Hampi, di tutte le forme, si stagliano sullo sfondo di questo verde e sullo smeraldo del fiume. Ho ritrovato anche la spiaggetta dove andavo a fare il bagno. C’e’ solo mezzo metro d’acqua, ma ogni giorno mi permette di fare un po’ di vasche, mentre le pecore pascolano intorno e gli aironi sono appollaiati sulle rocce. A volte mi chiedo se per caso non sono entrara in quadro naive tanto e’ ‘bucolico’ il paesaggio.
    “Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagi silvestrem tenui musam meditaris avena...” mi viene in mente Virgilio. Ma senza risaie, il paesaggio potrebbe essere anche quello della Gallura,in Sardegna. Non mi stupisco che qui e’ sorta questa citta’ ricchissima, Vijayanagara, nel 1500, in pieno Rinascimento quindi, che si narra fosse la seconda citta’ piu’ popolosa dopo Peking,l'odierna Pechino,
   E’ una palestra naturale, non sono per il free climbing, ma per chi ama la corsa, la bicicletta o semplicemente passeggiare. Al mattino io faccio un po’ di jogging partendo dall’acquedotto fino all’Anjaneya Hill, dove salgo su per i 500 gradini fino al tempio dedicato ad Hanuman (pare sia nato qui da Anjana messa incinta dal vento...
   Poi da li’ si prende una strada di campagna e si arriva fino al vecchio ponte e all’ashram di baba Cesare. Ci sono i ‘cestoni’, le tipiche barchette di bambu’ per attraversare il fiume e da li’ raggiungere il famoso tempio Vithala dove c’e’ il carretto scolpito che e’ il simbolo del turismo in Karnataka.

Shock culturale? Mangiando una pasta alla crema a Hospet...

Hampi (Karnataka), 15 gennaio 2016
Oggi ho attraversato il fiume, il Tungabhadra, e sono andata con il bus a Hospet, il centro abitato a mezzora da Hampi dove si entra nella ‘civilta’’. Ci sono medici, ottici (avevo bisogno di lenti a contatto), bancomat e farmacie. E’ una caotica citta’ purtroppo senza nessun elemento di identita’ come spesso capita. Ho vagato un po’ nel mercato, davanti alla stazione dei bus, mi sono comprata un paio di sandali e prima di tornare ho comprato una pasta alla crema che il negoziante ha avvolto in un foglio.
   Fin qui tutto normale. Ma sentite ora. Salgo sul bus e apro il pacchettino. Era una fotocopia della pagina 491 di un capitolo chiamato “International Human Resource Management”. Incuriosita mi metto a leggere mentre assaporo la pasta. Si parlava di ‘international adjustement” che viene definito come “il grado con cui un immigrato si sente a suo agio a vivere e lavorare nel Paese che lo ospita” (questo era stato sottolineato a matita). E poi andava avanti a spiegare lo “shock culturale”. Faceva degli esempio che potrebbero scioccare gli Indiani citando una certa Nancy Adler. Per esempio che gli studenti Usa portano delle bevande in classe, che gli africani lasciano la classe prima dell’insegnante...
     Nella figura 17 (che non ho perche’ e’ nella pagina accanto) c’e’ una curva a U che spiega i gradi di shock culturale a seconda del tempo passato nel Paese. La prima fase e’ di “luna di miele” quando il nuovo arrivato e’ affascinato dalle novita’ del Paese, viene accolto dalla sua azienda e vede tutto con lenti rosa. Questa fase dura “due o tre mesi”.
    Poi c’e’ “lo skock culturale”, quando il poveretto si accorge dove e’ e non riceve piu’ il supporto dei colleghi o dall’ambiente (che si occupa di altri nuovi arrivati). Qui c’e’ la crisi...”during this stage....” qui finisce il foglio (e la pasta anche).
   So che le altre due fasi sono il “recupero” e poi “l’adattamento” in cui si ritorna su’ nella curva. Io in teoria, dopo oltre 15 anni di India, dovrei essere nella parte altissima della curva a U.
    Ma come dovrei interpretare questo segnale del Caso? Quale e’ il messaggio? Mi ricordo che avevo 18 anni quando ho comprato delle uova avvolte in una pagina di giornale (allora si vendevano sciolte) dove era pubblicato un mio articolo. Ci sono rimasta un po’ male, ma nonostante tutto ho continuato con il giornalismo. Sono convinta, 35 anni dopo, che avrei dovuto seguire il segno del Destino e lasciare perdere. Da allora comunque mi e’ rimasta l’abitudine di sbirciare nei fogli o giornali riciclati che mi ritrovo tra le mani. E ovviamente sono una appassionata dei Baci Perugina.

Maro' e Finmeccanica: Modi avrebbe chiesto a Renzi la testa di Sonia Gandhi?

   Sirsi (Karnataka), 2 febbraio 2016

   Il “The Telegraph” che e’ uno dei piu’ vecchi e anche prestigiosi quotidiani di Calcutta riporta oggi una bizzarra storia sui maro’ che rende ancora piu’ “fishy” , come dicono gli inglesi, l’intera vicenda che tra qualche giorno compie 4 anni. 
L’articolo (ecco qui)  rivela che uno dei mediatori coinvolti nello scandalo degli elicotteri AgustaWestland, il britannico Christian Michel che e’ ricercato dall’Interpol (ma che secondo il giornale “lavora” tranquillamente a Dubai e da’ pure dichiarazioni ai giornalisti) ha detto che Narendra Modi avrebbe proposto a Renzi un accordo segreto quando si sono incrociati all’assemblea generale dell’Onu a New York a settembre. In pratica l’India avrebbe liberato i maro’ in cambio di ‘prove' che collegavano la leader del Congresso Sonia Gandhi con le presunte mazzette pagate da AgustaWestland.
   Michel ha messo queste rivelazioni nero su bianco in una ‘lettera’ alla Corte permanente di Arbitrato dell’Aja che deve decidere la giurisdizione sul caso e anche al Tribunale del mare di Amburgo (che ora non centra piu’ nulla).
   Un portavoce del governo ha bollato la storia come ‘ridicola’, mentre il Congresso ha preso subito la palla al balzo e ha chiesto a Modi delle urgenti spiegazioni.
    A me sembra questa storia un po’ bizzarra, pare uscita dall’Italia, dove si sa c’e’una certa predilizione nel vedere complotti ovunque e nell’intorbidire il piu’ possibile le acque in modo che poi cosi’ non si capisce piu’nulla.

I miei dubbi sono:
1 Perche’ mai Michel si e’ preso la briga di scrivere ai tribunali internazionali? Qual e’ il suo tornaconto nello screditare Modi? La sua mossa poi coincide guarda caso con la decisione dell’India di chiedere all’Interpol la sua cattura.
2 E’ vero che Modi e’ in calo di consensi e che ha perso le elezioni in Bihar, ma davvero ha paura di Sonia Gandhi che e’ ai minimi storici e che vorrebbe pure andarsene in pensione lasciando la baracca al figlio Rahul? 
3 Penso che questo tipo di proposte vadano fatte nell’oscurita’ di qualche corridoio e non nel Palazzo di Vetro. Ma ve lo vedere Modi andare da Renzi e proporre un ricatto del genere? Non penso sia cosi’ disperatamente desideroso di liberare il povero Girone.

Goa, arriva l'autostrada, addio Galgibaga

Galgibaga (Goa), 2 febbraio 2016

   Galgibaga e’ l’ultima spiaggia sud di Goa ed e’ famosa per la nidificazione delle tartarughe Olive Ridley, una rara specie dell’Oceano Indiano. La spiaggia e’ protetta nel senso che ci sono dei guardiaparco e non ci sono attivita’ turistiche sul litorale. Anni fa Galgibaga era un pigro villaggio a maggioranza cristiana, dove c’erano solo un paio di ristoranti all’ombra delle casuarine che separano la spiaggia dalle case. Ora ci sono un paio di ‘resort’ anche se discreti e di notte c’e’ parecchio inquinamento luminoso. Non so se e’a causa di questo che negli ultimi anni sono diminuiti i nidi di tartarughe. Ora sono solo un paio, ma la stagione non e’ finita, magari ne arrivano ancora.
   Inoltre ci sono dei bagnini sulla spiaggia, e’ una ditta privata che ha l’appalto della sicurezza dei bagnanti, soprattutto gli indiani. Hanno anche una moto d’acqua di salvataggio e con questa ogni tanto scorazzano su e’ giu’. Secondo me disturbano la vita marina e le tartarughe, ma loro – mi hanno detto – non hanno nullaa che vedere con il Dipartimento delle Foreste, da cui invece dipende la tutela dell’ecosistema...
   Ma il dramma di Galgibaga e’ un altro. A dicembre il governo indiano ha deciso di scongelare un vecchio progetto di una autostrada sulla costa verso il porto d Karwar, in Karnataka, a circa 40 km. Ora c’e’ la strada nazionale che si inerpica sulle montagne. Con la nuova arteria, chiamata Margao Western bypass, si risparmiano circa 15 km, ma bisogna attraversare tre fiumi, quindi saranno costruiti tre ponti di circa 400-500 metri. Tutto e’ gia’ finanziato dal governo di New Delhi che sta facenndo di tutto per sbloccare i cantieri fermi da anni e trasformare l’ India. Che si puo’ dire? Che devono rimanere arretrati per salvare le tartarughe? No, ovviamente.
   La nuova autostrada a sei corsie taglia esattamente in due Galgibaga. Ora la strada finisce in fondo al Paese dove c’e’ il fiume. Sono 20 anni che gli abitanti aspettano un ponte...ora sono costretti a fare un lungo giro per raggiungere il villaggio d Maxem al di la della sponda. C’e’ un traghetto che porta su e giu’ le persone ma a orari limitati. Alcuni intrepidi salgonno sul ponte della Ferrovia, ma correndo il rischio di venire investiti da un treno.

   Con l’autostrada avranno il ponte, un mega ponte, che hanno sempre sognato, ma il villaggio sara’ per sempre deturpato. Per far posto a strada e ponte dovranno eliminare un bel po’ di alberi e spianare un po’ di negozietti. Molte case si affacceranno direttamente sulla strada dove ovviamente ci sara’un notevole traffico di camion e mezzi pesanti giorno e notte. Penso poi ci vorra’ un cavalcavia e uno svincolo per uscire in Paese.
   Sono stata a colazione da una signora che gestisce un baretto e che ha gia’ iniziato a demolire parte della struttura. I lavori inizieranno tra poco. La strada e’a circa 200 metri dalla spiaggia delle tartarughe e il mega ponte e’ quasi sulla foce del fiume, un posto ricco di mangrovie e di una bellezza sconvolgente.

   Ne ho parlato con la gente, ma sembrano contenti perche’ da anni volevano il ponte. Dopo la Messa, stamane, Il parroco mi ha detto che cosi’ anche i fedeli ...Ognuno pensa al proprio orticello...
   Insomma addio Galgibaga, questo e’ il mio omaggio a un posto che ho amato e che rimarra’ sempre con me.