A bordo della portacontainer CMA CGM Medea, Jeddah, 1 ottobre
A sorpresa arriviamo a Jedda alle 19, invece che domani pomeriggio come previsto sul calendario. “Ci hanno detto che hanno c’e’ una banchina libera al porto” dice il comandante. Ancora una volta ho l’impressione che i cargo siano un po’ le corriere in India, che per caricare su della gente si fermano un po’ dappertutto. Sulla Medea c’e’ ancora un po’ di posto per qualche “scatola” in effetti.
A sorpresa arriviamo a Jedda alle 19, invece che domani pomeriggio come previsto sul calendario. “Ci hanno detto che hanno c’e’ una banchina libera al porto” dice il comandante. Ancora una volta ho l’impressione che i cargo siano un po’ le corriere in India, che per caricare su della gente si fermano un po’ dappertutto. Sulla Medea c’e’ ancora un po’ di posto per qualche “scatola” in effetti.
Come sempre seguo l’arrivo sul ponte. Jeddah da lontano sembra una metropoli, ci sono grattacieli luminosi e anche un jet d’eau di 300 metri che fa impallidire quello di Ginevra. Si vede una tangenziale con un gran traffico. La Mecca e’ soli 60 km, incredibile.
Salgono a bordo ben tre piloti, due in uniforme e uno con una jalabiya bianca. Si mettono a fare una grande confusione, fumano e bevono caffe’ in continuazione. Il comandante che presenta un taglio di capelli stile militare (ieri se li e’ fatti tagliare da Mihaita) e un cappellino con la visieracon scritto master, e’ in piena fibrillazione. Il porto e’ abbastanza piccolo e i piloti vogliono stanno cercare di ruotare la Medea su se stessa per ormeggiarla con la prua verso l’uscita. C’e’ qualche momento di tensione e poi i rimorchiatori ci spingono verso il nostro parcheggio. “Ca c’est Jeddah, ca c’est Jeddah...” continua a ripetere Carpentier andando avanti e indietro con la ricetrasmittente.
Il pilota con la jalabiya bianca e’ simpatico. Gli chiedo della stampede della scorsa settimana alla Mecca che ha causato 700 morti. Dice che e’ colpa di un numero eccessivo di iracheni che non hanno rispettato l’ordine di flusso, se ho ben capito dal suo inglese un po’ zoppicante. Poi mi dice che se voglio posso scendere, c’e’ un centro commerciale vicino al porto. Il comandante ci aveva detto pero’ che non ci davano i pass per andare a terra. Penso poi che essendo Arabia Saudita non e’ il caso...forse dovrei indossare un velo.
Da oggi sulla nave e’ scattato il divieto di alcol. A pranzo non c’era vino e dalle 12 tutti gli alcolici dovevano essere chiusi sotto chiave, come a Beirut. E’ divertente perche’si vedono casse di bottiglie scendere dalla mensa in un magazzino sul ponte A e poi dietro una fila di ufficiali e marinai con borse piene di ogni tipo di liquore (che sono quelle che avevano nelle cabine immagino). Io avevo soltanto una bottiglia di bianco libanese, Kefraya, bevuto ieri in piscina ....e poi delle birre che io e Aldino beviamo poco prima dell’arrivo. Quindi il mio frigo e’ vuoto. Non ci sono controlli, ma sembrano tutti terrorizzati dal divieto, con le leggi saudite non si scherza.
Adopo cena, scelgo dalla cineteca al ponte G un dvd, che volevo vedere da tempo e che fa al caso mio, Into the Wild di Sean Penn, inno alla liberta’ estrema, rifiuto totale della societa’ consumistica e di qualsiasi relazione con il prossimo, immersione cmpleta nella natura . Il finale e’ tragico e con morale. “La felicita’ e’ reale solo quando e’ condivisa”. Ci rifletto per un bel po’ prima che di cadere tra le braccia di Morfeo mentre fuori volteggiano i container su e’ giu’ dalle gru del porto.
Salgono a bordo ben tre piloti, due in uniforme e uno con una jalabiya bianca. Si mettono a fare una grande confusione, fumano e bevono caffe’ in continuazione. Il comandante che presenta un taglio di capelli stile militare (ieri se li e’ fatti tagliare da Mihaita) e un cappellino con la visieracon scritto master, e’ in piena fibrillazione. Il porto e’ abbastanza piccolo e i piloti vogliono stanno cercare di ruotare la Medea su se stessa per ormeggiarla con la prua verso l’uscita. C’e’ qualche momento di tensione e poi i rimorchiatori ci spingono verso il nostro parcheggio. “Ca c’est Jeddah, ca c’est Jeddah...” continua a ripetere Carpentier andando avanti e indietro con la ricetrasmittente.
Il pilota con la jalabiya bianca e’ simpatico. Gli chiedo della stampede della scorsa settimana alla Mecca che ha causato 700 morti. Dice che e’ colpa di un numero eccessivo di iracheni che non hanno rispettato l’ordine di flusso, se ho ben capito dal suo inglese un po’ zoppicante. Poi mi dice che se voglio posso scendere, c’e’ un centro commerciale vicino al porto. Il comandante ci aveva detto pero’ che non ci davano i pass per andare a terra. Penso poi che essendo Arabia Saudita non e’ il caso...forse dovrei indossare un velo.
Da oggi sulla nave e’ scattato il divieto di alcol. A pranzo non c’era vino e dalle 12 tutti gli alcolici dovevano essere chiusi sotto chiave, come a Beirut. E’ divertente perche’si vedono casse di bottiglie scendere dalla mensa in un magazzino sul ponte A e poi dietro una fila di ufficiali e marinai con borse piene di ogni tipo di liquore (che sono quelle che avevano nelle cabine immagino). Io avevo soltanto una bottiglia di bianco libanese, Kefraya, bevuto ieri in piscina ....e poi delle birre che io e Aldino beviamo poco prima dell’arrivo. Quindi il mio frigo e’ vuoto. Non ci sono controlli, ma sembrano tutti terrorizzati dal divieto, con le leggi saudite non si scherza.
Adopo cena, scelgo dalla cineteca al ponte G un dvd, che volevo vedere da tempo e che fa al caso mio, Into the Wild di Sean Penn, inno alla liberta’ estrema, rifiuto totale della societa’ consumistica e di qualsiasi relazione con il prossimo, immersione cmpleta nella natura . Il finale e’ tragico e con morale. “La felicita’ e’ reale solo quando e’ condivisa”. Ci rifletto per un bel po’ prima che di cadere tra le braccia di Morfeo mentre fuori volteggiano i container su e’ giu’ dalle gru del porto.
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