New Delhi , 17 maggio 2015
Anche i più convinti
detrattori di Narendra Modi, riconosceranno che il leader della destra è un
mago della soft diplomacy.
Nel suo primo viaggio in
Cina è riuscito a promuovere l’India come nessun altro. Ha rispolverato i
vecchi legami con il buddismo, nato in India e da qui diffusosi in tutta l’Asia.
Poi ha tirato fuori il suo vecchio cavallo
di battaglia, lo yoga. Lui e il premier Li Keqiang hanno assistito a una esibizione di Yoga e Tai-chi congiunta al tempio del Cielo a Pechino.
Ora la Cina vorrebbe perfino chiedere all’Onu una giornata
internazionale del Tai-chi, come quella del 21 giugno proclamato Yoga Day grazie alle pressioni di New Delhi!
Poi, grande colpo da
maestro della comunicazione moderna, Modi la preso un selfie con Li e ha lo ha
twittato. “It is selfie time” ha scritto su Twitter dove è il secondo leader al mondo più seguito dopo Obama. Twitter in Cina manco esiste, c'è il suo avatar Weibo, dove Modi si è iscritto prima di partire.
In
patria, qualcuno si è cominciato a lamentare di questo clima ‘vacanziero’ e spensierato del
premier che è continuato anche oggi in Mongolia con altri selfie twittati e foto della visita, la prima di un leader indiano. Capisco, irrita un po' soprattutto in questi tempi quando l’economia non va come dovrebbe
andare e i contadini stanno soffrendo per gli scarsi raccolti dovuti al
maltempo di marzo. Ma fatto sta che la ‘diplomazia dei selfie’ di Modi funziona e New
Delhi ha incassato un bel po’ di investimenti e soldoni dei cinesi. Anche se – va sottolineato – a beneficiarne
sono stati soprattutto i grandi gruppi che l’hanno sponsorizzato come gli
Adani, del Gujarat.
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