A bordo della Nicobar, 7 marzo 2015
Ieri verso le 17 abbiamo avvistato terra. Una lunga striscia nera all’orizzonte. Sono le colline delle Nord Andamane. Leggo che l’arcipelago fa parte di una catena montagnosa che inizia dalla Birmania e prosegue fino a Sumatra e all’Indonesia.
Mi chiedo veramente che hanno a che fare queste isole con l’India. Ne discuto con un andamano, il cui bisnonno era emigrato la’ dall’Himachal Pradesh, che mi spiega che sono gli inglesi che hanno iniziato a usarle come colonia penale.
L’avvistamento della terraferma crea uno stato di eccitazione generale. La tensione dei giorni precedenti si scioglie. Il Lido Bar, luogo di bivacco coperto di bicchierini vuoi di chai, e’ deserto. Sono tutti a prua, tanto che a un certo punto, interviene uno dello staff a sgomberare la folla. Anche quelli che non mi avevano rivolto la parola, mi sorridono e mi fanno vedere la terra all’orizzonte. Siamo tutti con i telefonini in mano in attesa del segnale, che arriva un’ora dopo.
Lo sbarco pero’ non e’ pero’ stato possibile ieri sera, perche’ dopo una certa ora il porto e’ chiuso e non ci sono i rimorchiatori. Quindi la nave sosta al largo e poi oggi all’alba e’ andata in porto. Siamo sbarcati verso le sette. Io sono stata scortata fuori dal funzionario dell’Imigration che ha preso il passaporto (che avevo consegnato) e mi ha portato in un ufficio dove ha messo un timbro e mi ha dato un permesso di 30 giorni.
Ieri sera ho festeggiato l’arrivo alla “Cabin Cove”, il ristorante del quinto pontile, dove servono uova al curry, riso e budino di riso. Piatto unico per 90 rupie. Mi hanno chiesto suggerimenti, dico che dovrebbero aumentare la scelta, visto che sono il ristorante riservato alle cabine superdelux. Ovviamente non rivelo che sto nella stiva al primo pontile tra i famigerati 'bunk passengers'.
Prima di andare a dormire, ho fatto ancora un giro per sgranchirmi le gambe, la striscia d’argento della luna piena si era spostata a prua. Si vedevano delle luci a terra, forse un faro. Si sentivano le suonerie dei telefonini. Il gruppo Mustafa’ con la sua scia di gelsomino, era scomparso...di sicuro avranno avuto un canotto gonfiabile nei loro scatoloni...
Ieri verso le 17 abbiamo avvistato terra. Una lunga striscia nera all’orizzonte. Sono le colline delle Nord Andamane. Leggo che l’arcipelago fa parte di una catena montagnosa che inizia dalla Birmania e prosegue fino a Sumatra e all’Indonesia.
Mi chiedo veramente che hanno a che fare queste isole con l’India. Ne discuto con un andamano, il cui bisnonno era emigrato la’ dall’Himachal Pradesh, che mi spiega che sono gli inglesi che hanno iniziato a usarle come colonia penale.
L’avvistamento della terraferma crea uno stato di eccitazione generale. La tensione dei giorni precedenti si scioglie. Il Lido Bar, luogo di bivacco coperto di bicchierini vuoi di chai, e’ deserto. Sono tutti a prua, tanto che a un certo punto, interviene uno dello staff a sgomberare la folla. Anche quelli che non mi avevano rivolto la parola, mi sorridono e mi fanno vedere la terra all’orizzonte. Siamo tutti con i telefonini in mano in attesa del segnale, che arriva un’ora dopo.
Lo sbarco pero’ non e’ pero’ stato possibile ieri sera, perche’ dopo una certa ora il porto e’ chiuso e non ci sono i rimorchiatori. Quindi la nave sosta al largo e poi oggi all’alba e’ andata in porto. Siamo sbarcati verso le sette. Io sono stata scortata fuori dal funzionario dell’Imigration che ha preso il passaporto (che avevo consegnato) e mi ha portato in un ufficio dove ha messo un timbro e mi ha dato un permesso di 30 giorni.
Ieri sera ho festeggiato l’arrivo alla “Cabin Cove”, il ristorante del quinto pontile, dove servono uova al curry, riso e budino di riso. Piatto unico per 90 rupie. Mi hanno chiesto suggerimenti, dico che dovrebbero aumentare la scelta, visto che sono il ristorante riservato alle cabine superdelux. Ovviamente non rivelo che sto nella stiva al primo pontile tra i famigerati 'bunk passengers'.
Prima di andare a dormire, ho fatto ancora un giro per sgranchirmi le gambe, la striscia d’argento della luna piena si era spostata a prua. Si vedevano delle luci a terra, forse un faro. Si sentivano le suonerie dei telefonini. Il gruppo Mustafa’ con la sua scia di gelsomino, era scomparso...di sicuro avranno avuto un canotto gonfiabile nei loro scatoloni...
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