Long Island, 19 marzo Sono arrivata a Long Island, l’isola piu’ a nord tra quelle aperte agli stranieri, dopo un viaggio di 12 ore, di cui meta’di attesa del traghetto. Probabilmente non ho calcolato bene le coincidenze. Spesso e’ anche difficile capire gli orari qui alle Andamane...ogni tanto penso che vivono in un altro tempo spazio temporale che non coincide con quello di chi arriva da fuori. Purtroppo poi non ci sono mappe dettagliate dei luoghi e ahime’ non funziona il GPS. Quindici si deve affidare solo alle informazioni della gente del posto che spesso non parla ne’ inglese e ne’ hindi.
Sono partita da Diglipur alle 5 del mattino con una corriera diretta a Rangat, la seconda citta’ delle Andamane, divisa da Port Blair dalla riserva dei Jarawa. Da li’partono diversi traghetti, tra cui uno per la vicina Long Island, che tutti definiscono come la piu’ selvaggia tra le isole che si possono visitare.
Andando come un razzo nella foschia del mattino (la foresta era avvolta dalla nebbia all’alba),il vecchio e malandato bus e’ arrivato puntuale alle 8 a Rangat. La stazione degli autobus e’ una cattedrale del deserto. Enorme, con piastrelle luccicanti, ordinata e pulita, con avvertimento di non sputare il pan e una televisione con schermo piatto davanti alla sala di aspetto.
Una targa informava che era stata inaugurata nel 2007 alla presenza di autorita’ locali. Un ex dipendente originario del Punjab, che era una sorta di guardiano e fac totum, ha iniziato a elogiare la stazione come la “piu’ grande delle Andamane” e addirittura “una delle piu’ grandi in Asia”. Mi ha anche presentato a un gruppo di insegnanti, in sari rosa, che stavano andando a Long Island per una riunione.
Il mio bus per il jetty Yeratta (dove si parte per Long Island) sarebbe partito alle 10 da un’ala della stazione dove c’era scritto appunto “yeratta”. Per due ore sono stata in attesa nella stazione dove non e’ arrivato ne’ partito nessun bus. Le insegnanti se n’erano andate perche’ avevano un altro appuntamento, il pensionato punjabi e’ scomparso. Poi aun certo punto, mentre io ero immersa nella lettura di una grammatica in hindi, un tizio si e’ avvicinato per chiedermi dove andavo. Ho scoperto da lui che il bus per il jetty era gia’ partito dal bazar....e che non ce ne sarebbero stati altri nel pomeriggio. Non ho mai capito se la stazione dei bus era una finta, o se c’era la solita mafietta dei riscio’ e taxi che sviavano i turisti dal prendere i trasporti pubblici.
Fatto sta che mi sono ritrovata a camminare per circa sette km verso il jetty Yeratta dove mi avevano detto che c’era un traghetto alle 14, che poi era alle 16.30....A meta’ strada sono stata raccolta da un bus carico di reclute del corpo forestale che andava a visitare un centro di conservazione per le mangrovie.
Arrivata a Yeratta, ho scoperto, incredula, che non c’era un porto sul mare, ma soltanto uno piccolo molo su una striscia di acqua tra una fitta foresta di mangrovie. E’ da qui dopo ore di attesa, stesa su un muretto di una sala di attesa, che e’ comparso un vecchissimo battello preceduto da una lugubre sirena. Le disavventure della giornata sono sparite per incanto. Mi attendeva un viaggio tra le backwater delle Andamane e per di piu’ al tramonto!
Il tragitto verso Long Island e’ stato in effetti una delle esperienze piu’ gratificanti del mio viaggio alle Andamane. Il battello, che si e’ riempito di pendolari e di varie merci, ha percorso per un’oretta un canale interno, tra le rive coperte di mangrovie (e forse coccodrilli)per poi sbucare in mare tra una cornice di isole e isolotti.
L’unica guesthouse e’ la Blue Planet e ci si arriva dopo una quindicina di minuti dal molo seguendo delle frecce blu. C’e’ anche un’altra sistemazione, ma e’ riservata a indiani, cosi’ mi e’ stato detto. Come gia’ avevo notato altre volte, i gestori non sono molto accoglienti e molto avari di informazioni. Sara’ che forse, organizzano loro stessi escursioni, come e’ nel caso di Blue Planet, dove, ho scoperto, si fa anche sub. Questo poca socievolezza, purtroppo, contagia anche i turisti.
La guest house e’ formata da una decina di ‘capanne a schiera’, su una palafitta, divise una dall’altra solo da una stuoia, un po’ rumorose, sembra strano che in un isola sperduta e semi disabitata, alla fine si sta tutti ammassati…ma l’unica soluzione era un’amaca in spiaggia, cosi’ mi hanno detto.
A Long Island non ci sono veicoli e quindi è davvero un paradiso naturale. La spiaggia più bella è Lalajit. Bisogna chiedere un permesso, gratuito, presso il dipartimento forestale e poi prendere un sentiero contrassegnato con dei segni rossi. La camminata dura circa un’ora e mezzo, si va dall’altra parte dell’isola, attraversando una fittissima foresta. Se no, in alternativa, la si può raggiungere in barca dal porticciolo.
Lo snorkelling a Lalajit è favoloso. La barriera corallina è molto profonda, un vero muro di coralli, pieno di pesci di tutti i tipi, un meroviglioso acquario che ho esplorato in apnea. Dopo diversi giorni di immersioni, sono abbastanza allenata e riesco a stare giù più a lungo. La mia attrezzatura da snorkelling, è ridicola….un paio di occhialini da piscina. Ma sono sufficienti, almeno per me, per immergermi e ammirare la vita là sotto…
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