Palolem, 28 gennaio 2015
Onestamente non e’
facile seguire le gesta di una trentina
di personaggi spalmate su due secoli, ma l’albero geneaologico dell'ultima pagina aiuta
il lettore un po’ distratto come me. Ho
letto “Una casa di acqua e cenere” (uscito in inglese come “No Country”) dell'indiano Kalyan Ray (vive tra Usa e India), in spiaggia a Palolem (Goa). Il posto ideale per un libro del genere, A Delhi non sarei mai riuscita ad arrivare alla fine.
Nonostante la fatica a volte di mettere insieme i
pezzi di questo enorme puzzle generazionale di due secoli e tre continenti mi ha lasciato
commossa. I suoi personaggi, dai contadini dell’Irlanda fino a dei
giovani alcolizzati negli Stati Uniti sono tutti dei 'viaggiatori'. Chi per mare,
chi attraverso i libri o i
sogni. Le vicende si intrecciano con la
storia delle migrazioni degli irlandesi (di cui non sapevo nulla) e quelle
degli anglo indiani, a me piu’ familiari.
E poi altre belle
pagine, come questa (pag 154): “Se la
nostra meta fosse stata l’estremita’ opposta del nuovo continente, queste persone valorose avrebbero proseguito
tenacemente attraverso montagne
impervie. Se la destinazione fosse stata sulle sponde del Pacifico,
avrebbero cominciato a cedere solo in prossimita’ di quella costa lontana.
Forse la mia era una considerazione sciocca, oppure forse era vero che le forze
ci sorreggono solo finche’ siamo in viaggio”.
E poi questa sublime descrizione dell’India quando la
nave dei mercanti irlandesi arriva in Bengala nel delta del Gange (pag 109) : “Era meta’ maggio quando
avvistammo una terra irregolare. La forza di un grande fiume l’aveva frantumata
in mille pezzi, ciascuno un’isola , i contorni immersi nel limo e nel fango su
cuui crescevano arbusti che venivano sommersi dall’alta marea. Gli alberi, dall
radici simili a dita nodose, si estendevano
come una ragnatela. Mi spiegarono che si chiamavano mangrovie. Tra le mangrovie
strisciavano piccole lucertole con il dorso ricoperto di aculei e peli sul collo.
Le isole galleggiavano, non erano collegate alla terraferma. All’imbrunire, le
chome arruffate degli alberti si riempivano di aironi dal collo lungo, che insieme con i corvi
formavano un’orchestra bianca e nera. Gruppi di scimmie dal pelo inzaccherato,
alcune con i cuccioli grinzosi attaccati a loro, urlavano tra i rami. In mezzo
a loro, un’esplosione di foglie gialle tra grovigli dii canne. Fu quella la mia
prima immagine dell’India”.
E poi infine sulla societa' moderna (pag 429): “Penso a come le famiglie si sono sparse sulla
terra: a come questi nomi si danno
battaglia, le loro lingue si sono
separate, ciascuna con gli occhi fissi sul suo pezzetto di terra, invidiosa
delle altre, feroce e avida. Ho alzato
gli occhi e ho visto la distesa sconfinata del mare, luccicante e ammonitrice.
Aveva un colore che nessuna mappa aveva
mai mostrato.
KALYAN RAY, “Una
casa di acqua e cenere”, Casa Editrice
Nord
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