Jaipur, 26 Febbraio 2014
Ieri sera sono uscita di casa con il minimo necessario nello zaino e sono andata a Bikaner House (India Gate) a prendere un autobus per Jaipur. Ho preso l'ultimo, quello dell'una di notte. C'erano alcune donne sole che mi hanno chiesto di occupare i posti vicino a loro. C'e' ormai paura in India.
L'avro' fatto mille volte, ma come sempre quando chiudo la porta di casa dietro di me e con lo zaino sulle spalle scendo in strada, provo un brivido di piacere. Come un tuffo in un mare, pluff, non sei piu' con i piedi sulla solida roccia, ma devi nuotare e non hai la minima idea di dove potrai di nuovo emergere.
Dopo sei ore nel freddo nebbioso di questo fine inverno e dopo innumerevoli soste tra i camion incolonnati, sono emersa a Jaipur. La citta' "rosa" e' diventata grigia, come ho gia' scritto, e sembra che giorno dopo giorno stia affogando sotto un traffico assatanato e una cementificazione selvaggia. Stanno costruendo la metro che cambiera' per sempre l'aspetto e le abitudini urbane. Sono quasi spariti i cammelli, ma rimangono anche le tonga trainate dai cavalli.
Vicino all'Arya Niwas, uno dei miei posti preferiti per la colazione, il proprietario di un negozio di preziosi mi dice che non c'e' piu' business. Dico che in Europa c'e' ormai una invasione di paccottiglia indiana e gli suggerisco di variare il genere. Mi risponde facendomi vedere le novita', braccialetti di stoffa e rosari di rudraksha (delle bacche sacre). Ribatto che i rudraksha probabilmente si usavano gia' 5 mila anni fa per pregare Shiva. Ridiamo.
Poi mi guardo in giro e rendo conto che forse si', Jaipur, la capitale delle pietre preziose, e' in crisi profonda di identita'. Sara' che io sono ormai del tutto indifferente a zaffiri e pashmine, pero' onestamente non vedo piu' nulla di attraente. Chameli Market, il polo delle pietre, sembra semi abbandonato e le vetrine sono sempre le stesse. Eppure ci sono ancora stranieri, tra cui molti italiani, che vengono a comprare qui all'ingrosso per rivendere in Italia. Boh, con la crisi dei consumi e l'invecchiamento della popolazione,mi chiedo chi compra ancora.
Vado da Amrapali, famoso gioielliere etnico, e li' si' vedo delle cose belle, ma ovviamente e' come entrare da Cartier a Parigi.
Finisco per comprarmi un paio di orecchini di enamel, tipici di Jaipur, a un prezzo esorbitante, ma faccio contento il negoziante. Sono la prima cliente della giornata.
Ieri sera sono uscita di casa con il minimo necessario nello zaino e sono andata a Bikaner House (India Gate) a prendere un autobus per Jaipur. Ho preso l'ultimo, quello dell'una di notte. C'erano alcune donne sole che mi hanno chiesto di occupare i posti vicino a loro. C'e' ormai paura in India.
L'avro' fatto mille volte, ma come sempre quando chiudo la porta di casa dietro di me e con lo zaino sulle spalle scendo in strada, provo un brivido di piacere. Come un tuffo in un mare, pluff, non sei piu' con i piedi sulla solida roccia, ma devi nuotare e non hai la minima idea di dove potrai di nuovo emergere.
Dopo sei ore nel freddo nebbioso di questo fine inverno e dopo innumerevoli soste tra i camion incolonnati, sono emersa a Jaipur. La citta' "rosa" e' diventata grigia, come ho gia' scritto, e sembra che giorno dopo giorno stia affogando sotto un traffico assatanato e una cementificazione selvaggia. Stanno costruendo la metro che cambiera' per sempre l'aspetto e le abitudini urbane. Sono quasi spariti i cammelli, ma rimangono anche le tonga trainate dai cavalli.
Vicino all'Arya Niwas, uno dei miei posti preferiti per la colazione, il proprietario di un negozio di preziosi mi dice che non c'e' piu' business. Dico che in Europa c'e' ormai una invasione di paccottiglia indiana e gli suggerisco di variare il genere. Mi risponde facendomi vedere le novita', braccialetti di stoffa e rosari di rudraksha (delle bacche sacre). Ribatto che i rudraksha probabilmente si usavano gia' 5 mila anni fa per pregare Shiva. Ridiamo.
Poi mi guardo in giro e rendo conto che forse si', Jaipur, la capitale delle pietre preziose, e' in crisi profonda di identita'. Sara' che io sono ormai del tutto indifferente a zaffiri e pashmine, pero' onestamente non vedo piu' nulla di attraente. Chameli Market, il polo delle pietre, sembra semi abbandonato e le vetrine sono sempre le stesse. Eppure ci sono ancora stranieri, tra cui molti italiani, che vengono a comprare qui all'ingrosso per rivendere in Italia. Boh, con la crisi dei consumi e l'invecchiamento della popolazione,mi chiedo chi compra ancora.
Vado da Amrapali, famoso gioielliere etnico, e li' si' vedo delle cose belle, ma ovviamente e' come entrare da Cartier a Parigi.
Finisco per comprarmi un paio di orecchini di enamel, tipici di Jaipur, a un prezzo esorbitante, ma faccio contento il negoziante. Sono la prima cliente della giornata.
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