Allahabad, 11 febbraio
Sono arrivata alla stazione di Allahabad un paio di ore prima che succedesse la ressa dove sono morte 36 persone. Che la situazione era sfuggita al controllo era chiaro. Quando il treno e' arrivato non c'era fisicamente lo spazio per scendere. Mi sono fatta largo a spintoni sul binario fendendo la folla che prendeva d'assalto il convoglio da cui ero scesa. A un certo punto ho sollevato un'anziano sadhu che era caduto. Sembra impossibile, ma in situazioni come queste di calca estrema non ci si puo' fermare. Si e' costretti ad andare avanti per stare in piedi. Ce la fa chi e' piu' alto e piu' forte.
Per due volte ho tentato di salire le scale della passerella da cui scendeva la fiumana. Il pericolo maggiore erano le persone sedute o sdraiate per terra che impedivano il passaggio. Altra mina vagante, la colonna di ''coolie'', i facchini, con enormi carichi sulla testa, che avanzavano come une falange romana.
Dopo mezzora ero fuori dall'inferno, ma mi sono trovata un altro muro di umanita' da scavalcare. I poliziotti stavano cercando di fermare invano la marea, ma era evidente che avevano gettato la spugna.
Una tragedia annunciata insomma. E' bastato che uno cadesse dalla passerella per causare la sciagura. Come e' possibile che si muoia calpestati? Deve essere una fine orribile. E' una cosa abbastanza frequente in India. Anzi il bilancio della ressa e' stato contenuto se si considera i milioni di pellegrini arrivati ieri per il giorno piu' sacro.
Nel solito scaricabarile, gli organizzatori denunciano l'operato delle Ferrovie, le quali invece accusano quelli del Kumbh Mela per non aver ritardato le partenze dei fedeli e chiuso le strade di accesso alla stazione. Come sempre non si sapra' mai che e' successo. Certo il sovraffollamento, fenomeno frequente in India, e' il principale responsabile. Intanto mi chiedo con sorpresa come raduni religiosi del genere abbiano ancora mantenuto intatto il loro potere di richiamo, anzi lo hanno moltiplicato, anche oggi nell'era digitale quando tutto il mondo (ma solo quello terreno) e' a portata di mouse.
Sono arrivata alla stazione di Allahabad un paio di ore prima che succedesse la ressa dove sono morte 36 persone. Che la situazione era sfuggita al controllo era chiaro. Quando il treno e' arrivato non c'era fisicamente lo spazio per scendere. Mi sono fatta largo a spintoni sul binario fendendo la folla che prendeva d'assalto il convoglio da cui ero scesa. A un certo punto ho sollevato un'anziano sadhu che era caduto. Sembra impossibile, ma in situazioni come queste di calca estrema non ci si puo' fermare. Si e' costretti ad andare avanti per stare in piedi. Ce la fa chi e' piu' alto e piu' forte.
Per due volte ho tentato di salire le scale della passerella da cui scendeva la fiumana. Il pericolo maggiore erano le persone sedute o sdraiate per terra che impedivano il passaggio. Altra mina vagante, la colonna di ''coolie'', i facchini, con enormi carichi sulla testa, che avanzavano come une falange romana.
Dopo mezzora ero fuori dall'inferno, ma mi sono trovata un altro muro di umanita' da scavalcare. I poliziotti stavano cercando di fermare invano la marea, ma era evidente che avevano gettato la spugna.
Una tragedia annunciata insomma. E' bastato che uno cadesse dalla passerella per causare la sciagura. Come e' possibile che si muoia calpestati? Deve essere una fine orribile. E' una cosa abbastanza frequente in India. Anzi il bilancio della ressa e' stato contenuto se si considera i milioni di pellegrini arrivati ieri per il giorno piu' sacro.
Nel solito scaricabarile, gli organizzatori denunciano l'operato delle Ferrovie, le quali invece accusano quelli del Kumbh Mela per non aver ritardato le partenze dei fedeli e chiuso le strade di accesso alla stazione. Come sempre non si sapra' mai che e' successo. Certo il sovraffollamento, fenomeno frequente in India, e' il principale responsabile. Intanto mi chiedo con sorpresa come raduni religiosi del genere abbiano ancora mantenuto intatto il loro potere di richiamo, anzi lo hanno moltiplicato, anche oggi nell'era digitale quando tutto il mondo (ma solo quello terreno) e' a portata di mouse.
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