Kochi, 5 gennaio 2013
Mi trovo a Fort Kochi, l'antica borgata del Kerala famosa per il commercio delle spezie, dove sono venuta a seguire la faccenda dei maro' tornati in India dopo le vacanze natalizie. Ieri sera, avevo finito tardi di scrivere, e mi sono messa a gironzolare nelle stradine deserte presa da considerazioni leopardiane nel giorno del mio compleanno che stava per concludersi (tanto per capirci qui c'e' il Canto notturno del pastore errante dell'Asia).
Era appena mezzanotte, ma non c'era anima viva. Non c'era manco la luna ed era tutto buio a parte una luce fioca sullo sgangherato lungomare dove ci sono le 'chinese fishing nets''. Sono il simbolo piu' fotogenico di Kochi e anche quello piu' noto ai turisti. Sono rudimentali ''macchine da pesca'' azionate da un argano tenuto da enormi massi legati a funi. Dicono che i portoghesi li abbiamo copiati dai cinesi, ma mi piacerebbe davvero andare in Cina per vedere se ci sono simili marchingegni sulle coste.
Nell'oscurita' della sera caldissima e appiccicosa, vedo alcune sagome che si muovono veloce sulla silhuette di una delle ''fishing net''. Mi fanno un cenno con una torcia di salire sulla piattaforma che sporge sul mare. ''Vuoi aiutarci?'' mi chiede uno degli uomini in un buon inglese. Mi passa la fune e mi dice : ''tira forte qui''. Punto i piedi in avanti e mi metto a tirare con gli altri che ritmano lo sforzo con una una parola in lingua locale, il malayalam. L'enorme rete si solleva lentamente e davanti a me scendono i pietroni che fanno da bilancia. Uno di loro corre verso la cima con un guadino. Ritorna con un paio di pesci lunghi 15 o 20 centimetri e un gamberetto solitario. ''Non e' stagione ora, non c'e' nulla. Siamo solo noi che lavoriamo, come vedi''. Dopo pochi secondi i cinque uomini (uno per ogni fune) riabbassano la rete.
Nel frattempo nella laguna passa una nave container. Uno commenta: ''Forse adesso andra' meglio, quando passano le navi i pesci si spostano a riva''. Presa dalla compassione, suggerisco di metterci due o tre lampare in cima cosi' da attirare piu' pesci, ma la proposta scatena grasse risate. Almeno si divertono.
Dopo un po' faternizzo e vengo a sapere che la rete ha 700 anni, che appartiene a una ricca famiglia e che costa circa 7 lakh (700 mila euro, circa 14 mila dollari) . ''Non e' tanto - esclamo - io, costa di piu' un'automobile''. Scopro poi che il padrone si prende un terzo del pescato come affitto e che ''a loro sta bene cosi'''.
Dopo la terza calata, uno dei cinque prepara il te' nella casetta annessa. Un altro riempie di kerose la lanterna che fa da lampara. Mi sembra di assistere a un antico rito. Ci sediamo tutti in cerchio e vengono riempiti sei bicchieri esattamente allineati. Parliamo dello stupro che e' avvenuto a New Delhi e dei maro'. I pescatori sono informatissimi. Poi a un comando invisibile si alzano tutti insieme e li vedo danzare contro il cielo violaceo per il riflesso della lampara nel mare, mentre tirano le funi e in coro pronunciano parole incomprensibili, forse una formula magica, forse un ringraziamento al mare, forse un'antica preghiera...
Mi trovo a Fort Kochi, l'antica borgata del Kerala famosa per il commercio delle spezie, dove sono venuta a seguire la faccenda dei maro' tornati in India dopo le vacanze natalizie. Ieri sera, avevo finito tardi di scrivere, e mi sono messa a gironzolare nelle stradine deserte presa da considerazioni leopardiane nel giorno del mio compleanno che stava per concludersi (tanto per capirci qui c'e' il Canto notturno del pastore errante dell'Asia).
Era appena mezzanotte, ma non c'era anima viva. Non c'era manco la luna ed era tutto buio a parte una luce fioca sullo sgangherato lungomare dove ci sono le 'chinese fishing nets''. Sono il simbolo piu' fotogenico di Kochi e anche quello piu' noto ai turisti. Sono rudimentali ''macchine da pesca'' azionate da un argano tenuto da enormi massi legati a funi. Dicono che i portoghesi li abbiamo copiati dai cinesi, ma mi piacerebbe davvero andare in Cina per vedere se ci sono simili marchingegni sulle coste.
Nell'oscurita' della sera caldissima e appiccicosa, vedo alcune sagome che si muovono veloce sulla silhuette di una delle ''fishing net''. Mi fanno un cenno con una torcia di salire sulla piattaforma che sporge sul mare. ''Vuoi aiutarci?'' mi chiede uno degli uomini in un buon inglese. Mi passa la fune e mi dice : ''tira forte qui''. Punto i piedi in avanti e mi metto a tirare con gli altri che ritmano lo sforzo con una una parola in lingua locale, il malayalam. L'enorme rete si solleva lentamente e davanti a me scendono i pietroni che fanno da bilancia. Uno di loro corre verso la cima con un guadino. Ritorna con un paio di pesci lunghi 15 o 20 centimetri e un gamberetto solitario. ''Non e' stagione ora, non c'e' nulla. Siamo solo noi che lavoriamo, come vedi''. Dopo pochi secondi i cinque uomini (uno per ogni fune) riabbassano la rete.
Nel frattempo nella laguna passa una nave container. Uno commenta: ''Forse adesso andra' meglio, quando passano le navi i pesci si spostano a riva''. Presa dalla compassione, suggerisco di metterci due o tre lampare in cima cosi' da attirare piu' pesci, ma la proposta scatena grasse risate. Almeno si divertono.
Dopo un po' faternizzo e vengo a sapere che la rete ha 700 anni, che appartiene a una ricca famiglia e che costa circa 7 lakh (700 mila euro, circa 14 mila dollari) . ''Non e' tanto - esclamo - io, costa di piu' un'automobile''. Scopro poi che il padrone si prende un terzo del pescato come affitto e che ''a loro sta bene cosi'''.
Dopo la terza calata, uno dei cinque prepara il te' nella casetta annessa. Un altro riempie di kerose la lanterna che fa da lampara. Mi sembra di assistere a un antico rito. Ci sediamo tutti in cerchio e vengono riempiti sei bicchieri esattamente allineati. Parliamo dello stupro che e' avvenuto a New Delhi e dei maro'. I pescatori sono informatissimi. Poi a un comando invisibile si alzano tutti insieme e li vedo danzare contro il cielo violaceo per il riflesso della lampara nel mare, mentre tirano le funi e in coro pronunciano parole incomprensibili, forse una formula magica, forse un ringraziamento al mare, forse un'antica preghiera...
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