Salone del Libro di Calcutta, ma dove sono i libri?


E' pazzesco. Dopo 10 anni l'India continua a sorprendermi ( e a farmi incazzare). Sono a Calcutta, che io continuo a chiamare cosi' anche se e' ormai Kolkata, per l'annuale  fiera del Libro. Dicono che sia una delle rassegne ''piu' grandi dell'Asia'' e conoscendo la passione dei bengalesi per la cultura, sono arrivata qui piena di aspettative che si sono infrante appena ho visto il posto e la penosa organizzazione.

La fiera e' un po' fuori dal centro, su una grande arteria dove e' abbastanza difficile beccare un taxi o un riscio'.  E' vicino a un importante  campus scientifico che - da fuori-  sembra bello. Intorno pero' e' degrado assoluto, il solito mix di cloache, immondizia e lavori in corso. Ma si sa. Purtroppo la precedenza e' per i mall, gli hotel a cinque stelle, autostrade e aeroporti.  A depurare acque e smaltire rifiuti non ci pensa nessuno perche' non rende ovviamente.
Quest'anno alla fiera che si chiude il 5 febbraio c'e' una novita': l'Italia e' Paese ospite per contraccambiare lo stesso onore offerto nel 2011 all'India al salone del libro di Torino.

Al giornalista e saggista Beppe Severgnini tocca infatti inaugurare la rassegna con tre colpi di martelletto di legno, tipo quello usato per le aste all'incanto. Una cosa curiosa qui dove di solito la cerimonia consiste nell'accendere le lambade a olio, un gesto che ha un chiaro significato religioso.


Ma a parte un tendone dove e' avvenuta l'inaugurazione, con la chief minister Mamata Banerjee, detta Didi (sorella maggiore) e il padiglione italiano,  non c'e' ancora nulla di pronto. Gli operai stanno ancora costruendo gli stand e di libri non c'e' ancora l'ombra. Dopo aver invano chiesto a carpentieri e poliziotti dove era un'ufficio stampa, scopro che non esiste. Nella mia ingenuita' cercavo infatti un accredito o almeno un press kit con qualche informazione. Scopro poi che la fiera e' aperta a tutti e che nessuno ha un badge.

Per fortuna il padiglione italiano e' pronto e almeno li' ci sono dei libri. Mi accorgo pero' che i volumi, una buona scelta di titoli tra i piu' recenti, sono tutti in italiano! Mi spiegano che sono stati portati dagli editori italiani e che bisognava contattare gli indiani per avere le traduzioni inglesi, almeno quelle che esistono. Di sicuro i classici, Dante, Calvino ecc. ci sono...

Il  padiglione, organizzato dal consolato di Calcutta ,  e' stato sponsorizzato da una serie di aziende italiane, tra cui Lavazza -Barista (che ci ha anche piazzato un coffee-shop) e lo studio di architettura, Carrano, che ha disegnato lo stand.  Per la scarsezza di mezzi (e la grave congiuntura italiana) e' una grossa riuscita, mi dicono prima ancora che presenti qualche obiezione sulla mancanza di volumi in inglese. Almeno c'e'.  Che la disorganizzazione sia totale lo conferma anche il padiglione Usa, piazzato a pochi metri davanti al nostro, che quindi rimane nascosto.  Mi dicono che non era previsto, quindi sarebbe addirittura abusivo.
Anche all'indomani , primo giorno ufficiale di apertura al pubblico, gli stand non sono ancora pronti e regna il caos sovrano. La prima conferenza con Severgnini e' stata in fretta e furia spostata dal tendone principale al cortiletto interno del nostro padiglione, di fianco alla macchina del caffe'.

Non so che sia successo poi negli altri nove giorni, io sono partita...senza vedere un libro!

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