Vedere l'Italia da qui e' come vedere il Titanic che affonda
mentre si e' su una scialuppa di salvataggio. Non scherzo, questa e'
l'impressione qui in India. Forse il barchino con 1,2 miliardi di persone a
bordo sballonzollera' un po' per via del risucchio e ci sara' un po' di paura a
bordo, ma si e' sicuri di stare a galla. La crisi dell'euro ha gia' picchiato
duro sull'economia indiana che e' in frenata. Il ministro delle Finanze ha
corretto al ribasso le stime del Pil che ora sono al 7,5%, sempre un'enormita'
per i nostri livelli, ma distante dall'ambizioso traguardo del 9% dichiarato all'inizio dell'anno.
Ma non e' certo questo parametro, tra l'altro molto
discutibile per misurare la ricchezza di un Paese, che conta in questa terra
che in 5 mila anni di storia e' rimasta piu' o meno uguale a se stessa
nonostante catastrofi naturali, invasioni armate e l'influenza di religioni
come buddismo, nato qui, il cristianesimo e da ultimo l'Islam. Nulla, tutto scivolato via come una goccia di rugida su
una foglia di banano.
Da qui si riesce anche a capire qualcosa di piu' sulla crisi
finanziaria in Europa. L'India insieme ai colleghi del Bric (Brasile, Russia e
Cina) ha fatto capire fin da subito che non ci sarebbe stato nessun salvataggio.
''Che si aggiustino'', e' stata piu' o meno questa la risposta dei Paesi
emergenti che fanno parte del G20.
Il fatto che qui - giocoforza - si leggano poco i giornali
italiani, e' poi un vantaggio per comprendere un po' di cose.
Per esempio The Hindu ospita la colonna di Paul Krugman,
premio Nobel per l'Economia nel 2008, quindi non l'ultimo dei fessi. Nel suo
ultimo intervento ''Killing the Euro'' critica i governi europei per introdurre
le draconiane manovre di austerity che inevitabilmente rischiano di scatenare
la recessione e quindi deprimere ancora di piu' la fiducia degli investitori
sull'euro. Per caso qualcuno in Italia ha mai detto cio'? Invece di prosciugare come delle sanguisughe i
portafogli dei cittadini per salvare dallo spauracchio di ''dafault'' improvvisamente saltati fuori, non
sarebbe meglio dare la priorita' alla ricerca, scuola e innovazione aziendale?
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