A circa 30 chilometri da Mandawa, che e’ la piu’ frequentata dello Shekawati, c’e un'altra citta’ ricca di haveli, e’ Fatehpur. Piu’ grande, con un centro storico che sembra un labirinto e decisamente piu’ caotica e sporca, e’ un altro dei crenti decaduti della via della Seta. La maggiore attrazione qui e’ una haveli acquistata oltre dieci anni fa da un artista francese, Nadine Le Prince, (vedi qui) una raffinata signora ora di 65 anni che fa la spola tra Parigi e lo Shekawati, che ha un antenato associato con Diderot e - chissa’ come - si e’ innamorata di questo angolo remoto del Rajasthan a tal punto da comprare e restaurare uno di questi palazzi abbandonati.
Onestamente mi fa sempre un po’ impressione qualndo il patromonio storico di un paese finisca nelle mani di stranieri, anche se per una buona causa. Ma – come mi hanno spiegato qui – meglio cosi’ che abbandonare all’oblio questi tesori.
L'haveli e' un po' fuori dal centro e la visita costa un po' delle altre, 200 rupie a testa. Nel tour mi ha accompagnato una giovane laureanda francese di arte e comunicazione che sta facendo un internship di tre mesi. Abita nell'haveli insieme ad altre ragazze giovani e meno giovani che intravedo. Nadine non c'e', mi dice, arrivera' a fine gennaio.
Sara' forse perche' e' alla fine del suo periodo, ma non mi sembra molto entusiasta nel raccontarmi la storia dell'edificio. E' stato comprato nel 1999 da discendenti di una famiglia di commercianti che ora vivono a Calcutta, cosa abbastanza insolita perche' non e' facile per stranieri acquistare proprienta immobiliari qui in India. ''Siccome c'erano solo 4 eredi e' stato abbastanza facile'' mi spiega. La maggior parte degli affreschi sono stati restaurati, ma rimane ancora qualche originali sui muri alti e sotto le tettoie. La costruzione risale al 1802 e ha una pianta tipica delle haveli: un primo cortile circondato da una veranda per ricevere i visitatori e da una saletta dove gli ospiti si riposavano. E un secondo cortile, privato, dove vivevano mogli e figli. Gli affreschi nel cortile pubblico erano piu' giocosi e allegri, con molte danzatrici e ''intrattenitrici'' del padrone, ritratto anche lui. Mentre nel secondo cortile i soggetti sono relativi a imprese di guerra e scene mitologiche, perche' mi spiega la mia giovane guida ''servivano all'istruzione delle donne che erano recluse per tutto il tempo tra quelle quattro mura''.
Oltre a essere una meraviglia per lo stato degli affreschi, l'haveli e' interessante perche' e' completa'', ovvero ci sono anche le stalle e gli spazi dove alloggiavano le carovane, oltre al ''garage'' per le carrozze. In un edificio, Nadine ci ha fatto un esibizione di opere d'arte sue e di altri artisti indiani. Qua e la' ci sono oggetti d'epoca, tra cui un antico palanchino, un arcolaio e una magnifica carrozza ancora intatta. Insomma e' un tentativo di fare un museo della cultura delle haveli..che tanto manca.
L'unico vero e proprio museo esistente nello Shekhawati e' quello di Ranmath A. Podar, nella citta' di Nawalgarh, dove ho passato una notte. La famiglia Podar, (vedi qui) associata con il Mahatma Gandhi, fanno parte di quegli industriali ''illuminati'' in India. Ha aperto molte scuole e ospedali e i discendenti ancora si occupano nella casa di famiglia, anche se non ci abitano piu'. C'e' una giovane ragazzo, Rahul, come guida, molto in gamba che ha una venerazione per i proprietari dell'haveli. Il museo e' interessante, perche' e' storico-etnico, con molti particolari sulla ricca cultura del Rajastham, tra cui i turbanti, le feste, i matrimoni e i gioielli.
Onestamente mi fa sempre un po’ impressione qualndo il patromonio storico di un paese finisca nelle mani di stranieri, anche se per una buona causa. Ma – come mi hanno spiegato qui – meglio cosi’ che abbandonare all’oblio questi tesori.
L'haveli e' un po' fuori dal centro e la visita costa un po' delle altre, 200 rupie a testa. Nel tour mi ha accompagnato una giovane laureanda francese di arte e comunicazione che sta facendo un internship di tre mesi. Abita nell'haveli insieme ad altre ragazze giovani e meno giovani che intravedo. Nadine non c'e', mi dice, arrivera' a fine gennaio.
Sara' forse perche' e' alla fine del suo periodo, ma non mi sembra molto entusiasta nel raccontarmi la storia dell'edificio. E' stato comprato nel 1999 da discendenti di una famiglia di commercianti che ora vivono a Calcutta, cosa abbastanza insolita perche' non e' facile per stranieri acquistare proprienta immobiliari qui in India. ''Siccome c'erano solo 4 eredi e' stato abbastanza facile'' mi spiega. La maggior parte degli affreschi sono stati restaurati, ma rimane ancora qualche originali sui muri alti e sotto le tettoie. La costruzione risale al 1802 e ha una pianta tipica delle haveli: un primo cortile circondato da una veranda per ricevere i visitatori e da una saletta dove gli ospiti si riposavano. E un secondo cortile, privato, dove vivevano mogli e figli. Gli affreschi nel cortile pubblico erano piu' giocosi e allegri, con molte danzatrici e ''intrattenitrici'' del padrone, ritratto anche lui. Mentre nel secondo cortile i soggetti sono relativi a imprese di guerra e scene mitologiche, perche' mi spiega la mia giovane guida ''servivano all'istruzione delle donne che erano recluse per tutto il tempo tra quelle quattro mura''.
Oltre a essere una meraviglia per lo stato degli affreschi, l'haveli e' interessante perche' e' completa'', ovvero ci sono anche le stalle e gli spazi dove alloggiavano le carovane, oltre al ''garage'' per le carrozze. In un edificio, Nadine ci ha fatto un esibizione di opere d'arte sue e di altri artisti indiani. Qua e la' ci sono oggetti d'epoca, tra cui un antico palanchino, un arcolaio e una magnifica carrozza ancora intatta. Insomma e' un tentativo di fare un museo della cultura delle haveli..che tanto manca.
L'unico vero e proprio museo esistente nello Shekhawati e' quello di Ranmath A. Podar, nella citta' di Nawalgarh, dove ho passato una notte. La famiglia Podar, (vedi qui) associata con il Mahatma Gandhi, fanno parte di quegli industriali ''illuminati'' in India. Ha aperto molte scuole e ospedali e i discendenti ancora si occupano nella casa di famiglia, anche se non ci abitano piu'. C'e' una giovane ragazzo, Rahul, come guida, molto in gamba che ha una venerazione per i proprietari dell'haveli. Il museo e' interessante, perche' e' storico-etnico, con molti particolari sulla ricca cultura del Rajastham, tra cui i turbanti, le feste, i matrimoni e i gioielli.
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