Da oggi sono entrata, o meglio ritornata nella valle del Ganga, o meglio del Baghirati, come e’ chiamato nel suo corso superiore, A differenza della Yamuna le acque sono bianche e la portata e’ decisamente maggiore. Da dove mi sono fermata a Uttarkashi, una citta’ vera propria con tanto di bazar e internet cafe’, sento il rigoglio della acque. Il fiume qui e' largo un centinaio di metri.
C’e un ponte di corde sospeso, tipo quelli di Rishikesh, i ‘’jhoola’’, che ho attraversato quando ormai era buio per andare a mangiare. Le rapide esalano una brezza pungente che mi ha fatto pensare ai condizionatori che adesso andranno a tutta birra a Delhi, stretta nella morsa dell’afa pre monsoniana. All’inizio del ponte c’e’ un mercatino con frutta e verdura bellissima. L’Uttarakand (o Uttaranchal come si chiamava prima) e’ famoso in particolare per le patate (‘’alu’’) e i cavolfiori (‘’gobi’’)
Il viaggio per arrivare a Uttarkashi e’ stato a dir poco infernale. Per diversi chilometri la strada non e’ asfaltata e con la pioggia e’ diventata un percorso da motocross. A un certo punto poi un tizio mi ha supplicato di dargli un passaggio fino a Barkot dove per fortuna un tizio mi ha venduto un un litro di benzina che mi ha permesso di attraversare la vallata e di raggiungere 80 chilometri dopo il corso del Bhagirati (Gange).
Da qui alle sorgenti ci sono circa 100 chilometri di strada sconnessa...troppo per il povero scooter che lascero’ parcheggiato davanti alla guest house dove pernotto.
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