ALLE SORGENTI GANGE/12 - Il laghetto di Nachiketa e baba Krishna


Sperimentando le rotte poco battute del corso superiore del Gange, sono finita a Nachiketa Tal, il lago di Nachiketa, che e’ a circa a un’ora di cammino da una strada che i pellegrini usano per spostarsi da Gangotri a Badrinath, la terza tappa del pellegrinaggio del Char Dham. Il mini trekking e’ inserito in una riserva con accesso a pagamento (40 rupie). Il sentiero si snoda in un bosco di querce e rododendri ed e’ puntellato da cartelli che invitano a rispettare e ad amare la natura. Vedo con piacere, che qui in Uttaranchal c’e’ parecchia attenzione all’argomento ecologia. D’altronde, mi ricordo benissimo quando ero piccola e alcuni popolari mete alpine in Piemonte erano piene di cartacce...la coscienza ecologica richiede tempo e maturazione!

Il laghetto e’ alimentato da una sorgente naturale, ma l’acqua non e’ limpida come a Dodi Tal. Come ogni posto su queste montagne, anche questo e’ legato alla mitologia induista e in particolare alla storia del saggio Nachiketa, tratta dai libri delle Uspanishad. A raccontarmela e’ Baba Krishna, un ‘’sadhu’’ che vive in una baracca a fianco del laghetto coperta da lamiere e teli di plastica. Ancora una volta noto che estetica e misticismo non sono purtroppo in sintonia. Le sponde del lago sono state cementificate e il baba, piu' che un eremita, sembra un profugo senzatetto.

Baba Krishna, originario del Gujarat, dice di avere 92 anni e di vivere nel lago da sei anni. Per altri 18 ha girato in Himalaya fino a trovare questo posto che e’ legato alla dea Maya (dea della Morte) e al bambino Nichiketa figlio di un ''rishi'' (santo) Udalak, che viveva in questo luogo. In gesto propiziatorio, Udalak aveva deciso di donare i suoi averi alle divinita’ per avere piu’ saggezza, ma tutto quello che regala e’ una vacca malata che non dava latte. Volendo aiutarlo in uno slancio di affetto paterno, Nachiketa gli suggerisce di donare lui stesso agli dei (qui mi e’ venuta in mente la storia di Isacco e Giacobbe). Ma il padre si indigna e lo rimprovera. Nachiketa pero’ insiste e il padre, in un gesto di rabbia, gli dice : ‘’ebbeno si’, ma ti offriro’ a Maya!’’ Il bambino allora va a casa della dea della Morte, ma non la trova e allora aspetta tre giorni davanti alla sua porta senza cibo e acqua. Quando Maya ritorna si stupisce della perseveranza e coraggio di Nachiketa. E anche si vergogna della mancata ospitalita’. Quindi in cambio, concede a Nachiketa di esaudire tre desideri a sua scelta. Il ragazzo chiede per prima cosa che sua padre sia felice, poi che questo lago porti il suo nome e poi domanda a Maya di svelare il mistero della vita nell’aldila’, non proprio in questi termini, ma questa e’ la sostanza, piu’ o meno.

Baba Krishna, mi racconta questa storia seduto su un tappetino usurato vicino a un enorme bracere che lo scalda d’inverno, mentre prepara un chai. Sa un po’ di inglese, ma per i concetti piu’ difficili passa all’hindi. Prima di scegliere l’eremitaggio, ha insegnato in diversi ashram a Delhi e Pushkar che mi elenca con orgoglio. E’ convinto dell’universalita’ della religione e mi spiega anche delle sue teorie filosofiche sulla natura umana.

La quiete del lago, vicino al quale si stende un piccolo pianoro erboso dove si apre un cunicolo, che secondo lui va a Yamunotri (non ho verificato..) e la presenza di Dio (''Bhagwan'') lo appagano pienamente. Per essere informato su quello che succede nel mondo, ogni mattina ascolta le notizie in FM su una piccola radio, volenterosi e pellegrini gli portano ‘’tutto quello di cui ho bisogno’’ e dice di non essere mai stato malato. Poi parliamo delle dighe sul Gange e del cambiamento climatico. Mi parla dei ghiacciai che si restringono e della salinizzazione, ‘’tra vent’anni non ci sara’ piu’ acqua da bere nel mondo’’ e’ la sua previsione.

L'incontro mi lascia molto perplessa e dubbiosa sulla genuina scelta di vita degli eremiti. Non e’ forse piu’ comoda la fuga in un posto come questo piuttosto che combattere ogni giorno con i problemi quotidiani del lavoro e della famiglia? Mentre scendevo mi e’ venuto in mente ''Samsara'', il film di Pan Nalin girato in Ladakh (2001), con una forte carica spirituale e erotica, che parla dell’''illuminazione'' di un monaco irrequieto che sperimenta la vita materiale nel ''mondo'' e, non trovando neppure li' la felicita', ritorna nel suo monastero abbandonando tutto.

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