Il Teri ha organizzato il decimo Delhi Sustainable Development Summit
Nei giorni scorsi si e’ tenuto a New Delhi un’importante conferenza internazionale sul clima organizzata dal centro ricerche TERI, che (nessuno sembra ricordarlo) stava per Tata Energy and Resources Institute in quanto creato nel 1974 dal colosso industriale indiano. Da un po’ di anni la “T” e’ diventata solamente “The” nell’acronimo e la prestigiosa organizzazione no-profit ora esclude qualsiasi connessione con il gruppo Tata. A capo del Teri dal 2002 c’e’ Rajendra Pachauri, che e’ anche presidente del Comitato Intergovernativo Onu per il Cambiamento Climatico vincitore del Premio Nobel per la Pace insieme all’ex presidente Al Gore. Pachauri e’ un omone che potrebbe benissino interpretare il cattivo nelle favole per bambini. Dopo anni di popolarita’ quest’anno e’ incappato in una serie di incidenti di percorso e anche in una campagna al vetriolo da parte della stampa britannica che lo ha “accusato” di vivere a Golf Links, ricco quartiere di Delhi e di spendere una fortuna per gli abiti. Per quanto ne capisco di moda – esprimo il giudizio in quanto italiana – io lo vedo sempre vestito malissimo. Sembra Pierrot. La stoffa sara’ pure pregiata, ma il sarto e’ decisamente da cambiare. La sua imagine si e’ decisamente offuscata quando durante il vertice di Copenhagen e’ uscito fuori che i ghiacciai himalayani non si scioglievano nel 2035, ma nel 2235 o giu’ di li. Ci sarebbe stato un errore di stampa nel quarto rapporto del Comitato Intergovernativo da lui presieduto, meglio noto come IPCC. Pachauri ha ammesso l’errore, ha chiesto scusa e ha resistito agli attacchi di chi voleva che si dimettesse. Ha pure incassato la fiducia del primo ministro indiano Manmohan Singh che ha inaugurato il summit di Delhi, chiamato Delhi Sustainable Development Summit e giunto alla decima edizione.
Dato che era la prima occasione di un incontro internazionale, il convegno ha attirato un buon numero di ministri stranieri, tra cui anche la ministra italiana Stefania Prestigiacomo. Dopo il fallimento di Copenhagen e (prima del probabile fallimento di Citta’ del Messico) e’ stata una buona occasione per confrontarsi tra politici e esperti. Ma non so fino a che punto, in quanto i Paesi emergenti, India e Cina, non sembrano abbandonare le loro posizioni. L’Europa e’ senza parole e gli Stati Uniti hanno altri pensieri ora.
Ma negoziati di Kyoto a parte, il vero protagonista di questi convegni e’ ormai l’eco business. Mi sto accorgendo quanto l’ambiente ormai e’ la foglia di fico per coprire enormi interessi in gioco. Sabato pomeriggio ho assistito alla sessione dedicata a finanziare il trasferimento di tecnologia pulita ai paesi poveri. Che, detto cosi’. sembra una cosa buona, diamo i depuratori al Terzo Mondo cosi che non inquinano piu’, ma che nasconde gli stratosferici interessi della grande industria che produce i depuratori, tanto per fare un esempio. In una sala del Taj Palace Hotel, dove e’ stato organizzato il vertice, c’erano appunto le grandi aziende straniere che producono la tecnologia verde e che ovviamente hanno oggi la piu’ potente lobby presso governi, Nazioni Unite e organizzazioni no-profit. Di “verde” ci ho visto poco. Solo per pubblicare il kit dei delegati, su carta patinata, avranno buttato giu’ un pezzo di foresta. Durante il break hanno servito dei salatini all’asparago. Non mi risulta che gli asparagi crescano in India, eccetto forse che a casa di Sonia Gandhi, nel cui orto crescono i finocchi (ho fonti di prima mano, ma non li rivelero’ nemmeno sotto tortura). Quindi sono stati importati, probabilmente in aereo….
1 commento:
E' un tema al quale sono profondamente sensibile. Ad una prima analisi, dovremmo compiacerci del fatto che recentemete pare non si parli d'altro che di ecosostenibilità e impatto ambientale degli edifici e degli insediamenti. Se ci riflettiamo un po' sù e andiamo bene a guardare, c'è da farsi venire il vomito. Innanzitutto la ricerca é unidirezionalmente orientata verso lo sviluppo e l'applicazione di tecnolgie superavanzate, patrimonio di pochi e retaggio di una civiltà che, senza fondamentalismi, ha comunque dimostrato la sua inadeguatezza nel rapporto con le risorse energetiche ed ambientali del pianeta.
Se poi si va a guardare con un po' di attenzione gli edifici o insediamenti pilota in cui la ricerca viene applicata, si rischia di affogare nello tzunami di ipocrisia da cui si viene investiti. Inutili milioni di metri cubi di insulsi grattacieli che alla corsa dissennata al gigantismo ed a primati di strampalatezza uniscono la vanità o la furbizia della gara a chi ha il vestito più verde.
Sono un troglodita se il buon senso contadino dei miei bisnonni mi suggerisce che forse l'orientamento più profiquo sarebbe quello della messa in discussione di alcuni standard microambientali del mondo occidentale e il rifiuto di colossali sprechi di territorio e risorse quali quelli di expo universali, città nel deserto rette da un gioco delle tre carte del plusvalore immobiliare e simili?
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