La bomba H e il deserto di Pokhran


Nell’agosto del 2005 mi sono trovata per caso ad attraversare il deserto di Pokhran o Pokharan, che si trova più o meno a metà strada tra Jodhpur e Jaisalmer, in Rajasthan. Non è proprio un deserto, ma una tundra dove di tanto in tanto ci sono capanne, cammelli al pascolo e gruppi di donne con brocche d'acqua in testa. A qualche decina di chilometri dalla strada principale c’è un poligono militare usato per il test nucleare del 1974 di Indira Gandhi e per quello dell’11 e 13 maggio 1998 voluto dalla destra indu nazionalista e che colse l’intero mondo di sorpresa. Una delle mie più grandi curiosità da quando sono in India era di vedere il posto dove è avvenuta l’esplosione sotterranea dove pare ci abbiano costruito anche un tempio alla dea della potenza Shakti. C’è una sola foto, dell’ex premier Atal Behari Vajpayee, con il suo tunicone bianco, su un ponticello di legno che sovrasta una profonda frattura nel terreno. Ovviamente l’operazione Shakti è uno dei segreti meglio custoditi in un paese che si è fatto la bomba atomica da solo (con qualche input dall’Urss) in barba a tutte le regole internazionali. Chiedendo alla gente, con gesti alla Fantozzi, dove era esplosa “the bomb”, ho gironzolato un po’ per le strade dei villaggi, fino a quando sono stata fermata da un tizio, probabilmente un poliziotto in borghese, che mi ha impedito di andare oltre. Non ho visto nessun soldato e neppure dei segni della presenza di una base militare. Sempre da finta turista svampita ho poi chiesto a un po’ di persone che ho incontrato cosa si ricordavano dell’esplosione che - stando ai dati ufficiali - avrebbe provocato una scossa di magnitudo 4 o 5. Nessuno però aveva avvertito un terremoto o anche solo un boato che ha fatto tremare la terra sotto i piedi. Come era possibile? Fanno scoppiare una bomba atomica sotto la sabbia a dieci chilometri da te e non te ne accorgi neppure?
A confermare i sospetti che avevo avuto allora è stato uno scienziato, Santhanam, che nel 1998 aveva preparato il sito e istallato la strumentazione. Ad un seminario a Delhi un mesetto fa, dopo ben 11 anni, ha sputato il rospo. Uno dei cinque test, Shakti I, quello che doveva provare la bomba all’idrogeno, è stato un fallimento. “It was a fizzle” per usare la sua espressione. Un petardo, insomma, invece del botto da 45 kilotoni (tre volte Hiroshima) dichiarati ufficialmente. Ovviamente la rivelazione shock è stata smentite dagli altri scienziati nucleari e dallo stesso ex presidente Abdul Kalam, il “missile man” indiano. Il governo ha minimizzato per paura di scoprirsi con il Pakistan, proprio ora che Islambadab avrebbe acquisito nuove superiorità militari grazie ai soldi americani destinati alla lotta agli estremisti islamici. In una intervista ad Outlook di questa settimana K.Santhanam svuota il sacco e in maniera abbastanza brutale dice “che la bomba da 45 kilotoni è una evidente bugia, una BUGIA a caratteri cubitali”. Una delle prove è che non si è formato un cratere (quello che volevo vedere io…). A quanto pare, la confessione non è stata una sorpresa, molti lo sapevano, ma diciamo non avevano mai “osato” dirlo che era una bufala. L’unica cosa non chiara è perché Santhanam abbia parlato solo ora. Forse vogliono rifare il test? Qualcuno vuole screditare l’arsenale militare indiano? Purtroppo l’intervistatore non glielo ha chiesto.
Negli ultimi tempi c’è molta fibrillazione nel mondo della scienza. A luglio è stato varato il primo sottomarino nucleare made in India , che di “nucleare” ha però solo il nome, visto che il reattore nucleare da usare come propulsione deve ancora essere progettato e costruito. Pare che la moglie del premier Singh, chiamata a fare da madrina al varo, abbia varato un cassone di metallo praticamente senza motore. Ma tutti i media, passivamente, hanno celebrato l’arrivo dell’India nel club delle potenze dotate di sottomarini nucleari.
Poi c’è stata la sonda lunare Chandrayan I che il 31 agosto ha perso il contatto con la base di Bangalore. E’ durata quasi un anno: secondo gli esperti è già tanto e comunque prova le capacità dell’India ad andare nello spazio a low cost. Mentre infuriavano le polemiche sul fallimento della prima missione lunare, ecco piombare dal cielo la notizia del ritrovamento di molecole di acqua grazie a uno strumento di misurazione piazzato dalla Nasa. Pare che setacciando una tonnellata di suolo lunare si ottenga un bicchiere d’acqua. Intanto nel deserto del Rajasthan muoiono di sete.

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