L'ascensione di Sonia
Alcuni colleghi mi avevano preso in giro per la mia ossessione su Rahul Gandhi, il figlio di Sonia emerso come la star di queste elezioni che hanno visto il Congresso di sua madre, suo padre, sua nonna e suo bisnonno, ritornare in grande spolvero a governare l’India del boom economico. La maggior parte dei pezzi che ho fatto, compresa un’intervista, erano in effetti su di lui. Non ho mai creduto nel fenomeno Mayawati, la cosiddetta regina degli intoccabili, “inventato dalla stampa occidentale” come mi disse un politico e che di fatto si è sciolto negli oltre 40 gradi della calura di Delhi. Panorama scriveva in un articolo firmato Giovanni Porzio che “mentre la dinastia dei Gandhi imbocca il viale del tramonto, nella democrazia più grande del mondo scendono in campo gli intoccabili e i tecnocrati”. Certo, siamo stati tutti ingannati dai sondaggi che davano in declino Congresso e il rivale Bjp, però è stata una bella cantonata. Altro che viale del tramonto. Sonia Gandhi è ormai avviata verso la santità politica dopo la beatificazione del 2004 quando rinunció al potere. E’ la sua apoteosi. Ha perfino ricevuto come “regalo”, si fa per dire ovviamente, la testa di Velupillai Prabhakaran, il leader delle Tigri Tamil che nel 1991 dalla giungla di Jaffna aveva inviato uno squadrone della morte in Tamil Nadu per uccidere il marito Rajiv e punirlo per il suo sostegno al governo cingalese.
Si può dire quello che si vuole, ma è innegabile che gli oltre 250 comizi in un mese di Rahul nelle roventi campagne dell’India, sono serviti a qualcosa. I giovani, ricchi e poveri, l’hanno premiato. Ieri un collega indiano, mi ha detto che è stata decisiva anche la sua conferenza stampa a New Delhi, la prima seria difronte a centinaia di giornalisti. Era ora, dopo gli incontri “off the record” tra pochi intimi a prendere un tè nel giardino della sua villa di Tuglak Lane. Il ragazzo sarà poco carismatico, ma ce l’ha messa tutta. Peccato che sia un Gandhi, mi verrebbe da dire. Onestamente avrei preferito l’alternanza. Quelli del Bjp, dipinti come i “cattivi” della situazione, non è che sono andati poi così male. Il problema è che hanno pochi amici per via delle loro devianze nazionaliste. Ma non dimentichiamo che sono loro ad avere tirato l’India fuori dal pantano agli inizi del Millennio.
Quello che non mi piace è che giornali e televisioni stanno glorificando i Gandhi in maniera del tutto acritica. Sono piegati a novanta gradi. E’ un delirio con sottofondo di Jai Ho, la musica di Slumdog Millionaire, che ha vinto l’Oscar e ora anche le elezioni. La borsa è andata addirittura in tilt per eccesso di rialzo. Il direttore di Newsweek, Fareed Zakaria, che ho sentito ieri sera TV, dopo elencato i vantaggi di un secondo mandato al Congresso, ha proclamato che Manmohan Singh è il migliore premier che l’India ha avuto dopo Nehru! Insomma da adesso in avanti c’è solo il soglio pontificio. Non a caso, dopo la vittoria, sulla “soglia” di casa a Janpath, Sonia aveva sentenziato con tono evangelico: “La gente ha scelto quello che era giusto”. E così sia.
Hyderabad, in cerca di acqua potabile a Cyderabad
Sono arrivata ad Hyderabad con molte aspettative. Qualcuno aveva detto che era una sorta di Miami indiana, perché rifugio di ricchi pensionati indiani. Altri mi hanno elencato le meraviglie e le ricchezze della città dei Nizam, aristocratici mussulmani stracarichi di perle e diamanti. Io stesso poi l’avevo definita una delle Silicon Valley indiana. Boh. Nei miei tre giorni di peregrinazioni ho trovato veramente straordinario solo il “mutton biryani”, il riso giallo con pezzi agnello, che ho mangiato in una trattoria del quartiere di Abids. E poi le montagne di manghi dolcissimi davanti al Charminar, il monumento simbolo di questa Mecca del Sud dell’India, dove le donne vanno in giro velate come in Arabia Saudita. Forse avrei dovuto leggere il libro The White Mughals di Darlymple prima di venire qui, come mi ha detto un mio collega italiano. Del celebre passato di Hyderabab c’è ancora il forte e la cittadella di Golkonda, che nel Medioevo era la capitale di un regno che era ricchissimo famoso anche in Europa. Il celebre diamante Kohinoor arriva da giacimenti di qui, ora esauriti. Ho letto che l’incazzoso imperatore Aurangzeb ci mise nove mesi prima di espugnare la fortezza e ci riuscì solo grazie al tradimento di un ufficiale dell’esercito nemico.
Chiaramente per rievocare i fasti di Hyderabad, le montagne di perle (quelle ci sono ancora nel bazar), i cortei di elefanti, gli harem pieni di donne bellissime, ecc. ci vuole una buona dose di fantasia quando si viaggia nelle strade trafficatissime dove ho rischiato più volte di farmi mettere sotto.
Ci vuole anche molta immaginazione a cogliere l’aspetto di capitale dell’hi-tech. Il nuovo aeroporto (ho visto solo l’arrivo dei voli domestici) è un gioiello, ultramoderno e con un’architettura all’avanguardia. Sono sprofondata nei sedili dell’aeroexpress – il bus-shuttle – che mi ha portata in città. L’entusiasmo si è esaurito subito dopo. Nessuna sorpresa, sono sempre in India (per fortuna, forse).
Per cercare “Cyberabad”, il polo dei servizi, ho preso un paio di bus e sono andata in periferia a Madhapur. Ho attraversato una zona residenziale, verde e piena di cliniche, forse quella è la “Miami” e poi mi si sono presentati davanti i grattacieli di vetro cemento. Come a Gurgaon, il polo tecnologico di Delhi, gli edifici brillavano nel deserto costellato di baracche e discariche. Davanti al Cyber Towers, il “charminar” dell’altra Hyderabad, c’era una donna e due bambini che raccoglievano acqua pulita da un piccolo buco in terra dove una tubatura si era rotta. La donna mi ha detto che quello era l’unico modo per avere “acqua pulita”. Visitare giganteschi templi dell’IT indiano è impossibile per chi non ha un badge. Inventandomi una scusa sono riuscita a entrare nella mensa del “Cyber Gateway”, un parallelepipedo-monstre, che sorge lì vicino e in cui lavorano 9000 informatici. In quel momento c’erano decine di impiegati con il badge di Oracle, evidentemente in pausa pranzo. Poi ho visto alcuni di Dell e poi di Genpact, penso molti siano call center che lavorano di notte con gli Usa. In effetti non c’era molta gente in giro. Mi sono ricordata che una ragazza che lavora in un call center a Gurgaon mi ha detto che c’è un clima di terrore per via della crisi, nel senso che chi non produce viene sbattuto fuori senza complimenti…
BREAKING NEWS - Una balena in putrefazione sulla spiaggia di Palolem
Rimarrá per sempre un mistero. E' stato qualche pescatore burlone a trascinare una balena in putrefazione all'ingresso della spiaggia di Palolem oppure il destino ha voluto che il grosso cetaceo venisse trasportato dalle correnti proprio su uno dei piú pittoreschi litorali di Goa in un caldo pomeriggio di fine stagione? Fatto sta che verso le 4 del pomeriggio, quando i pochi bagnanti sono ancora immersi nella pennicchella, un insopportabile fetore pervade l'atmosfera. Io sono una habituee di questa spiaggia e negli anni mi é capitato di vedere di tutto. Ricordo ancora una cremazione sul bagnasciuga, tra i turisti che giocavano a freesby, e l'odore di arrosto bruciato che é rimasto per diverse ore. Ma la balena, questa é stata davvero una sorpresa. Ci ho messo a capire un bel po' che la puzza di marcio arrivava dal centro della spiaggia dove si stava radunando una folla. Dall'acqua spuntava una enorme chiazza nero-marrone che a prima vista sembrava una roccia. Una barca stava trascinanando la carcassa a riva. Sul dorso del cetaceo erano saliti una decina di ragazzi che esultavano come a una partita di cricket. Piú il cetaceo, in evidente stato di decomposizione, avanzava, piú il fetore aumentava. Mi sono resa conto che ero controvento. Quando ho raggiunto il posto la folla era enorme, mi ricordava un Capodanno di qualche anno fa quando a Goa non c'erano ancora gli allarmi antiterrorismo e il turismo andava a gonfie vele. Un bagnino - non sapevo neppure ce ne fosse uno - é intervenuto per chiedere alla gente di uscire dall'acqua putrida. Qualcuno ha toccato il cetaceo e poi si e' benedetto. Lo squame, nero, era quasi completamente sparito. Dalla coda uscivano le budella. Le onde ogni tanto aprivano la lunga mascella mostrando la gola. Mi é venuta in mente la storia di Pinocchio. Sará stata di 15 metri o forse piú. Mai visto una roba del genere, mi ha detto un pescatore. Ci sono volute due gru per trascinarla fuori dall'acqua. Per entrare in spiaggia hanno dovuto distruggere degli scalini di cemento e allargare un passaggio. Dei buldoozer hanno fatto una buca di 5 metri vicino alla riva. La balena é stata seppellita a tarda sera con sollievo di tutti quanti. La puzza, che aveva raggiunto anche la strada principale, é scomparsa, ma scommetto che per un bel po' il pesce é sparito dai menú.
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