Approfittando del lungo ponte del Republic Day sono andata a fare un giro a Jaipur, la città rosa del Rajasthan che sta lentamente emergendo dallo choc delle bombe dello scorso maggio. Sono stata sorpresa dal pienone di turisti indiani venuti qui per il finesettimana. Sono solo 250 km circa dalla fredda e nebbiosa Delhi, ma sembrava di essere ai tropici. Non avevo una meta precisa, sono andata un po’ in giro approfittando della compagnia di Calogero, orafo siciliano cresciuto a Valenza che ha fatto di Jaipur la sua seconda casa e fonte di ispirazione per la sua arte. Ho assistito a un paio di serate al Festival della Letteratura, salotto intellettuale anglo-indiano, e poi anche ad una finale di polo sponsorizzata dall’onnipresente Vodafone e presenziata dal vecchio maharaja di Jaipur. Poi sono andata a zonzo per musei e palazzi. Mi sono ritrovata quasi per caso all’Albert Hall Museum, un palazzo in stile saraceno con le cupole mughal che è stato restaurato e riaperto lo scorso anno. E’ stato creato come museo privato dall’allora maharaja Ram Singh nel 1876 che, per ingraziarsi i nuovi padroni, lo dedicò al marito della regina Vittoria e padre del futuro Edoardo VII, a cui è toccato posare la prima pietra. So queste cose perché all’ingresso ho affittato una guida audio con auricolari.
Un po’ dappertutto, da Calcutta fino a Mysore mi è capitato di vedere le collezioni private di maharaja e nawab, spesso un trionfo del kitsch e di improbabili bizzarrie come il trenino elettrico da tavola per servire i digestivi che ho visto nel palazzo di Gwalior.
Questa volta però sono rimasta a bocca aperta. Nella sala “dedicata” all’Egitto c’era una mummia! Era dentro un sarcofago protetto da una bacheca abbastanza ordinaria per un contenuto così prezioso. Pare risalga a 2300 anni fa e secondo alcuni è una delle più vecchie mummie esistenti. Sul sarcofago sono dipinti geroglifici e un‘immagine di Anubis, dio dei morti. Era stata comprata dal maharaja nel 1887 direttamente al Cairo dove il “commercio di mummie era cosa abbastanza normale” come ha precisato la voce dell’audio guida mentre osservavo incredula il corpo fasciato, pare di una donna, affiancato da due enormi statue, anche quelle, penso, importate dall’Egitto. Immagino il lungo viaggio del sarcofago via mare e poi l’arrivo nel museo a Jaipur chissà come….Penso ai bambini indiani che vedono per la prima volta una mummia in carne e ossa…dopo avere visto l’interminabile serie dei film The Mummy. Ma penso soprattutto agli indiani e al loro rapporto con la morte, la cremazione, la dispersione delle ceneri e la reincarnazione. Chissà cosa pensano di quel cadavere rimasto intatto per 2300 anni…
Un po’ dappertutto, da Calcutta fino a Mysore mi è capitato di vedere le collezioni private di maharaja e nawab, spesso un trionfo del kitsch e di improbabili bizzarrie come il trenino elettrico da tavola per servire i digestivi che ho visto nel palazzo di Gwalior.
Questa volta però sono rimasta a bocca aperta. Nella sala “dedicata” all’Egitto c’era una mummia! Era dentro un sarcofago protetto da una bacheca abbastanza ordinaria per un contenuto così prezioso. Pare risalga a 2300 anni fa e secondo alcuni è una delle più vecchie mummie esistenti. Sul sarcofago sono dipinti geroglifici e un‘immagine di Anubis, dio dei morti. Era stata comprata dal maharaja nel 1887 direttamente al Cairo dove il “commercio di mummie era cosa abbastanza normale” come ha precisato la voce dell’audio guida mentre osservavo incredula il corpo fasciato, pare di una donna, affiancato da due enormi statue, anche quelle, penso, importate dall’Egitto. Immagino il lungo viaggio del sarcofago via mare e poi l’arrivo nel museo a Jaipur chissà come….Penso ai bambini indiani che vedono per la prima volta una mummia in carne e ossa…dopo avere visto l’interminabile serie dei film The Mummy. Ma penso soprattutto agli indiani e al loro rapporto con la morte, la cremazione, la dispersione delle ceneri e la reincarnazione. Chissà cosa pensano di quel cadavere rimasto intatto per 2300 anni…
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