SH08, a cena nel palazzo reale di Stok


Spedizione Himalaya 2008, giorno trentasei, palazzo di Stok

Come in altri regni himalayani, penso al Nepal, Bhutan, Sikkim, anche in Ladakh c’era una dinastia reale anche se meno appariscente, nel senso che non esistono regge da mille e una notte o troni d’oro massiccio a forma di pavone. Il regno dei Namgyal, ovviamente buddisti tibetani, parte dall’anno 975. Sono sempre stati sulla rocca di Leh fino a quando a metà Ottocento non sono stati cacciati nel dai più sgamati e potenti regnanti di Jammu.
Da allora si sono rifugiati a Stok, che è a mezzora di auto giù nella vallate oltre l’Índo, dove ancora oggi c’è un palazzo, più modesto di quello di Leh, in parte trasformato in un museo e in una caffetteria con tavolini sulle mura esterne. I discendenti vivono qui insieme al loro carico di storia. Non sono venerati come i monarchi induisti di Kathmandu, il cui ritratto era presente in ogni casa nepalese almeno fino a prima dell’arrivo dei maoisti, ma hanno ancora un ruolo popolare soprattutto nelle cerimonie religiose.
L’ex sovrano si chiama Jigmed Namgyal e si occupa del recupero e del restauro dei vecchi monasteri costruiti dai suoi antenati. Grazie alla mia amica Giorgia Cantele, insegnante e studiosa di cose indiane, ho avuto la fortuna di conoscerlo e di essere invitata a cena ‘a palazzo’. A dire il vero ero anche abbastanza preoccupata vista le mie scarse frequentazioni dell’alta nobiltà indiana.
Invece a prenderci a Leh non è arrivato un calesse, ma una jeep e ad accoglierci non sono stati valletti di corte, ma una bella signora in jeans e kurta che mentre ci aspettava stava curando dei vasi di fiori all’ingresso del museo e che avevo capito subito che era la regina. Più che dei reali mi sono sembrati dei borghesi. Ma data la povertà del Ladakh mi è comunque difficile immaginare uno sfarzo simile a quello dei maharaja.
Il salotto dove siamo stati fatti accomodare all’interno del palazzo è quello tipico ladakho, con un rettangolo di tappeti con davanti dei bassi tavolini in tradizionale stile tibetano. Si mangia seduti per terra, dopo aver riempito i piatti. Ma c’erano anche delle giovanissime domestiche ad aiutare. Abbiamo mangiato una zuppa di verdura con delle specie di orecchiette fatte di “tsampa” come si chiama la tipica farina locale e dei momo che la “regina” ha fatto all’ultimo momento seduta sul tappeto davanti agli ospiti. Finalmente ho gustato del buon cibo ladakhi, una rarità che non sono riuscita a trovare nei ristoranti di Leh.
E` stata servita birra, l’onnipresente Kingfisher e anche un liquore, dell’arak alle albicocche. Per tutto il tempo Jigmed è stato seduto in una sorta di posto di onore, più alto rispetto al pavimento e con davanti un tavolino pieno di oggetti religiosi. Lui e la moglie hanno mangiato in piatti di rame, mentre noi in quelli di porcellana. Ho notato una certa deferenza anche da parte di altri ospiti indiani presenti prima di cena.. Prima di lasciarli, la mia amica ha chiesto il permesso di scattare una foto per ricordo. “Ma non siamo nei nostri abiti tradizionali…” hanno detto e non penso sia stata una battuta.
Beh, certo non è Versailles, ma anche sulla rocca di Stok ‘noblesse oblige’

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