Spedizione Himalaya 2008, quattordicesimo giorno, sosta a Vashisht
Piove, tantissimo, e lo scooter ha anche problemi di batteria. Se voglio proseguire, anche solo per attraversare il Rohtang La, 3900 metri, devo farlo sistemare. A parte il maltempo, Vashist è però uno dei posti ideali per la vacanza agrituristica. Costa pochissimo, si mangia bene, dalla pizza ai panini con il formaggio di yak e croissantes al cioccolato, arrivano i quotidiani in inglese e ieri sera ho perfino visto parte della mega finale di Wimbledon su un megaschermo. Ogni tanto si va a fare le terme al tempio e se non piove ci sono delle belle camminate lungo cascate e alpeggi. Insomma una sorta di club Mediterranée, ma inserito in uno scenario bucolico da presepe.
Non ho mai visto così tante vacche come a Vashisht. Vivono nei cortili e nelle stalle delle baite in legno. Ogni tanto vanno ad abbeverarsi nelle fontane di acqua calde dove le donne battono i panni con il tipico bastone di legno. Gli uomini seduti nei cortili aggiustano gli attrezzi o intrecciano le gerle di vimini. Sulle mulattiere, coperte di letame e circondate da piante di marijuana, incontri le contadine con enormi fasci di erba sulle spalle. Insomma uno scenario di vita agreste ideale da documentario. La sera poi le donne vanno a lavarsi nelle vasche di acqua calda nel tempio. C’ero anch’io l’altra sera. Si spogliano fino a rimanere in mutande e si siedono in fila sotto i tubi delle acqua calda a insaponarsi e a raccontarsi chissà che cosa. C’è un dialetto locale qui in Himachal Pradesh, molto simile all’hindi, ma non riesco a capire. Ogni tanto scoppiano in una risata forte che si sente anche dalla strada.
Non riesco a immaginare come ci vedono, noi “foreigns”, stranieri e estranei, forse solo come fonte di guadagno e nulla più. Sono due realtà completamente impermeabili. Come in altri posti vacanzieri dell’India, tipo Goa, dove si respira un clima simile, non c’è nessun rapporto al di la di quello prettamente commerciale. D’altronde ci sono troppe barriere linguistiche, culturali e anche religiose per permettere un’interazione che però potrebbe alterare l’autenticità del luogo. Comunque è solo questione di tempo, i ragazzi di Vashisht sono sempre più simili ai giovani turisti che paradossalmente vengono qui per cercare un mondo che in Occidente non c’e più.
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