SH08, la luce in fondo al tunnel del Pir Panjal
Spedizione Himalaya 2008, giorno ventuno, Batota-Anantnag
Mi trovo a una cinquantina di chilometri da Srinagar e per arrivarci c’è una larga strada in discesa che passa in mezzo a un vallata enorme. Ormai è fatta. E’ veramente “the valley”, la valle, come la chiamano. Il primo scorcio lo si vede fin da subito il tunnel del Pir Panjal, la catena montuosa che separa la regione di Jammu, induista, con quella del Kashmir, a netta maggioranza mussulmana. Non c’è un confine vero e proprio ma è come se ci fosse una frontiera. Per quelli a Sud questo è il Kashmir. Prima del tunnel gli stranieri devono registrarsi. L’ho fatto anch’io e quando ho detto che ero giornalista mi hanno dato il numero di telefonino di un militare da chiamare ogni volta mi fermo in una nuova guest house. Non so se è per controllare i miei movimenti o per la mia sicurezza. Comunque io ho già comunicato la mia presenza in questo posto, Universal Hotel, che è una vera topaia, ma mi hanno fatto mettere lo scooter dentro la reception e in stanza c’è la tv che prende Al Jazeera in inglese (dove mi sono vista una diretta su una conferenza stampa del vicepresidente del Sudan).
Nei giorni scorsi in Kashmir ci sono stati disordini per via dell’assegnazione di appezzamenti di terra alla fondazione indù che si occupa dei pellegrini che vanno alla grotta di Armanath, famosa per lo Shiva linga di ghiaccio, che è a tre giorni di cammino. E’ perfino caduto il governo locale, adesso in Jammu e Kashmir governa il prefetto in attesa delle elezioni di ottobre. Lungo la strada ci sono decine di punti sosta per i pellegrini che sono migliaia ogni giorno. C’è anche un ingente dispiegamento di polizia e militari per garantire la sicurezza dei fedeli induisti in questi due mesi. In passato questo “yatra” era stato obiettivo degli integralisti islamici.
Comune oggi è stata davvero una giornata ricca di emozioni e di adrenalina. Sapevo che le condizioni dello scooter erano precarie, perchè non teneva il minimo e faceva fatica a partire. Stamattina però sono riuscita a metterlo in moto, ma dopo 10 km mi sono fermata per una foto (sto fotografando tutti i cartelli gialli di Beacon, l’impresa che mantiene la manutenzione stradale e che ha costellato la nazionale numero di scritte spiritose sulla guida pericolosa). Si è ingolfato e non sono riuscita a farlo ripartire. La strada per un po’ scendeva, poi ho cercato aiuto in una delle tante piazzole di sosta dei camionisti. Ho trovato un meccanico che non aveva mai visto uno scooter e che era allibito dal fatto di non trovare il cambio . Come capita in questi casi si è formato un capannello di una ventina di persone, tra camionisti, soldati, cuochi, manovali e anche qualche pastore. Ognuno ha detto la sua, fino a che un tizio, che conosceva un certa Mariangela, camionista donna italiana, gli è venuta la brillante idea di controllare l’olio. Lo so, sarebbe dovuta venire a me, ma siccome l’avevo appena cambiato, non ci pensavo affatto. Ebbene non ce n’era più! Se l’era mangiato tutto nei 300 km precedenti. Evidentemente c’é qualcosa che non va nel motore e l’ho visto anche dopo perchè non aveva più potenza, scaldava un casino e in salita non andava più che ai 10 all'ora, che comunque è la velocità di un camion quando te lo trovi davanti.
Insomma incrociando le dita e pregando i santi del paradiso, dietro i convogli di camion, fermandomi ogni tanto per lasciarlo raffreddare, sono riuscita miracolosamente a salire fino al fatidico tunnel (dopo ci sarebbe stata un’unica discesa fino a Srinagar). Quello è stato il momento da incubo della giornata, perchè in realtà si tratta di due buchi nella montagna, penso scavati a mano, lunghi tre km, praticamente della dimensione di un automezzo pesante di medie dimensioni. Quando sono stata dentro, non vedevo nulla, la lucina dello scooter non riusciva assolutamente a penetrate l’oscurità totale. Non c’era nessun tipo di segnaletica né in basso né di fianco o in alto. Io soffro di claustrofobia e per me queste situazioni sono da panico. Ho accelerato tutto quello che potevo, pregando che non ci fossero buche e che il motore reggesse ancora. Per fortuna era in discesa quindi sono andata spedita. A circa a meta è arrivato dietro un camion che credevo mi stirasse sotto, invece se ne è stato pazientemente dietro e mi ha anche aiutato con i suoi fari. Quando ho visto la cosiddetta “luce in fondo al tunnel” mi sono venute le lacrime agli occhi. Il puntino luminoso si faceva sempre più grande fino a che ho sentito l’aria calda e fino a che sono stata espulsa dalle viscere della terra. Ho alzato il braccio in segno di trionfo come se avessi vinto il motomondiale. Sotto di me vedevo la ‘valle” del Kashmir, piena di risaie e campi di zafferano, che in oltre mezzo secolo ha scatenato 4 guerre. Uaahu che giornata!
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1 commento:
brava, te la sei cavata alla grande, meglio di tanti maschietti, speriamo che Angelo riesca a vedere al più presto la luce in fondo al tunnel. giovanni
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