Spedizione Himalaya 2008, giorno ventotto, Lamaruyu
Lamaruyu è uno dei più importanti e grandi monasteri del Ladakh. Ma in questi giorni è vuoto perchè i monaci sono andati in una gompa qui vicino a Bodh Kharbu e la grande festa annuale è appena terminato. Questo è uno di quei pochissimi posti in cui riesco a leggere un libro intero in un solo giorno tutto di un fiato. Sono senza telefono, senza internet e sia le batterie del computer che quelle della macchina fotografica sono scariche. La corrente elettrica arriva solo alla sera. Non ci sono negozi, librerie, musei o altre attrazioni, a parte la puja delle cinque che però è tenuta da un solo monaco e quindi risulta un po’ desolante. Intorno a me ci sono solo montagne di sabbia attraversate da una striscia di asfalto da cui proviene ogni tanto qualche veicolo. Gli altri rumori sono le campanelle delle ruote delle preghiere e i ragli degli asini.
La mattinata la passo più in basso in un posto aridissimo che chiamano, a ragione, Moon Land, poi m’incammino per mezzora su uno dei sentieri del trekking, pieno di orme di muli e di scarponi, evidentemente era appena passata una spedizione, di quelle serie. Dopo un po’ che cammino in mezzo a una vallata, senza nulla che possa rompere la monotonia della pietra e della sabbia color miele, sento delle mosche che mi ronzano intorno. Mi sembra un frastuono insopportabile. Mi immagino a camminare per ore in uno di questi trekking di 10 o 20 giorni che sono popolarissimi qui. “No, grazie” dico tra me e me, potrei impazzire non dalla fatica, ma dalla noia. Giro sui miei tacchi e rifaccio il percorso per poi terminare la mia lettura nel ristorante dell’hotel a quattro piani che sovrasta la gompa e che per fortuna è della stesso stile
Lamaruyu è un posto fuori dal mondo, proprio come il paesaggio lunare che lo circonda. Il telefono fisso è arrivato un anno fa e la corrente elettrica c’è solo dalle sette alle 11 di sera, tanto che la mia stanza alla guesthouse Shangrila, non ha neppure l’interruttore della luce. “Si spegne da sola” mi dice il proprietario che io avevo scambiato per un camionista ubriaco che ieri sera mi aveva mostrato la stanza e con cui avevo anche contrattato il prezzo. Quando stamane mi sono presentata a colazione sulla tetto della casa da cui c’è una splendida vista della gompa, mi ha chiesto cosa ci facevo li, poi l’equivoco si è chiarito.
Alla sera, dopo cena, chiacchiero con un ragazzo locale di 26 anni, che fa la guida, e che mi racconta come solo l’anno scorso per la prima volta è andato a Goa a vedere il mare. Si sposerà tra un mese. Ci mettiamo a parlare dei turisti che vengono in Ladakh. Si lamenta degli indiani arroganti che lo trattano come un servitore e pretendono di trovare la varietà di cibo disponibile in pianura. Mi parla poi degli occidentali di cui ha una pessima opinione, come penso ce l’abbiano in molti qui. E’ il solito discorso, siamo fonti di reddito, ma nulla di più.
Nessun commento:
Posta un commento