Spedizione Himalaya 2008, giorno ventinove, Lamaruyu-Leh
Era veramente un’avventura che da anni sognavo. Viaggiare sul tetto di un bus o di un camion in Ladakh. Ebbene è avvenuto. Per oltre 100 km mi sono goduta uno dei panorami più affascinanti al mondo seduta o meglio sballottata sul cassone sopra la cabina di un camion. Esaltante. Fantastico. Mi sembrava di sfilare in parata. Con me c’erano un padre e un figlio francesi, un monaco buddista e un manovale del Chattisgargh che è rimasto con me fino a Leh, mentre gli altri sono scesi all’incrocio per Alchi che anch’io volevo andare a vedere, ma che poi ho rinunciato perché volevo fare un entrata trionfale a a Leh sul camion, visto che non è stato possibile con il mio povero scooter, che si trova ancora a Srinagar in attesa della parte di ricambio.
Dopo Lamaruyu la strada scende con un zig e zag da brivido in mezzo a un canyon fino a Khalsi, dove dopo un po’ ricompare il fiume Indus e la sua verde vallata pieno di alberi di albicocche. Ogni tanto mi devo abbassare per non essere colpita dai rami. Sono anche riuscita ad afferrare qualche frutto, ma ancora acerbo. Da qui è quasi tutto un immenso altipiano fino a Leh che si vede fin da lontano. Stanno asfaltando la strada, tra gli operai vedo anche delle donne ladakhi con le loro pesanti abiti e le trecce legate sulla schiena. La monotonia del paesaggio e la lentezza del camion mi fanno venire sonno. Smetto di fare fotografie a raffica e mi metto un fazzoletto davanti alla bocca. Per il sole – ho finalmente seminato il monsone – e per il vento ho le labbra completamente screpolate. Devo essermi appisolata per un po’ nel caldo del cassone perché sento l’autista chiamarmi. “Madam, come down, we are in Leh!”.
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