SH08, Shimla, non c'è la neve ma quasi


Il primo impatto con l’Himalaya è stato traumatico. Ero appena uscita da Chandigarh, delirio urbanistico franco-elvetico di Le Corbusier, che la strada ha iniziato a salire. Dopo una decina di chilometri mi sono apparse le montagne all’orizzonte, con le cima immerse in minacciosi nuvoloni grigi e in uno spesso strato di foschia. Sono andata in panico. Mi sono fermata in un negozio a chiedere una giacche a vento e pantaloni impermeabilizzati. Poi sono andata alla ricerca di pneumatici da pioggia. Le gomme del mio scooter sono lisce, prima o poi bucherò, lo so, a Delhi mi capita una volta alla settimana, figuriamoci sulle strade himalayane! Verso le tre del pomeriggio sono entrata nello stato dell’Himachal Pradesh. Lo si è capito subito dalla quantitá di frutta che vendono a bordo della strada. Mi sono anche fermata a bere il famoso succo di mele. I primi tornanti li ho fatti a venti all’ora con il terrore che il motore non ce la facesse. Devo dire che ha retto benissimo, più di me che dopo mezzora di montagna, quando ha iniziato a piovigginare, avevo già indossato l’intero mio equipaggiamento alpino consistente in una felpa, una giacca di cotone e dei guanti da palestra. Orrendo. Penso di avere rischiato il congelamento quando ero a 20 km da Shimla, che ho scoperto è a oltre 2000 metri e non ‘’in collina’’ come pensavo io. Il dramma è che la gente era tranquillamente in mezze maniche. Forse sono ormai troppo abituata al caldo umidiccio dei 35-40 di questi ultimi due mesi? Può darsi, ma qui a Shimla ho indossato gli scarponi completando così la trasformazione in creatura himalayana o yeti.
La montagna per arrivare a Shimla, che era praticamente la colonia estiva degli inglesi - ci hanno costruito pure un’impervia ferrovia che insieme a quella di Darjeeling, a est, è diventata celebre tra i turisti – è devastata da un’eccessiva antropizzazione come direbbero gli esperti. E’ zozza, perché non viene raccolta la spazzatura, violentata a livello edilizio e senza nessun carattere uniforme, se non quello dei tratti somatici degli uomini e donne dell’Himachal, con i loro “kullu cap”. Non mi ha mai impressionato questa parte dell’Himalaya che somiglia molto a un paesaggio alpino, ma senza mucche con il campanaccio e molto più sovraffollato. A proposito, sembra che a Shimla, ci sia mezza popolazione del Punjab e anche mezza Delhi. E’ il periodo di massimo affollamento. La strada pedonale principale, il Mall, era avvolta in una nuvola di freddo e vapore, ma si faceva fatica a passare. Ci sono migliaia di famiglie con torme di bambini, non riesco a capire dove alloggiano tutti. Ristoranti sono stracolmi e i parcheggi sottostanti l’area pedonale anche. Alle sei quando sono arrivata c’era un grande ingorgo di auto, parcheggiatori, quelli che ti trovano le camere e facchini. Un inferno a 2000 metri. Tanto che la città non ce la fa con l’acqua e i rubinetti in molti hotel sono a secco. Io per fortuna mi sono fatta una doccia calda qui al YMCA, di solito una garanzia, che sorge a fianco della chiesa gotica illuminata di notte. E’ però impressionante il silenzio assoluto, quello della montagna, mi ci devo ancora abituare…

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