Vorrei ritornare sul problema urbano del traffico a New Delhi e in genere nelle nuove metropoli indiane e asiatiche. Lo so che è risaputo e anche un po’ banale e poco “sexy” dal punto di vista giornalistico, ma ho l’impressione che non si abbia purtroppo presente la gravità della questione. O meglio la si preferisce evitare. Inutile mettersi i paraocchi o far finta di nulla comodamente seduti nella propria auto con aria condizionata e portiere blindate. Ogni santo giorno che passa a New Delhi ci sono mille immatricolazioni in più. I veicoli che circolano quotidianamente nella capitale sono 4 milioni e mezzo su una popolazione di 12 o 13 milioni di abitanti. In certe ore le strade, anche ora che sono più grandi e scorrevoli grazie alle decine di sopraelevate, sono impraticabili. Il groviglio disumano di lamiere e di smog inghiotte ogni essere vivente come un orribile mostro puzzolente e assordante. A causa della mancanza di marciapiedi e sottopassi pedonali è praticamente impossibile avventurarsi a piedi. Non parliamo poi dei ciclisti.
Per favore fermiamoci un attimo e chiediamoci: vogliamo veramente andare avanti così? Almeno per Delhi (ma è lo stesso per Mumbai o Karachi) la viabilità non potrà che peggiorare. Milioni di famiglie non aspettano altro che comprare un’auto per infilarsi in un ingorgo. La Tata Motors al salone dell’auto a gennaio presenta la sua minicar da 2000 dollari. E’ la Topolino degli indiani. Il sogno delle quattroruote che innamorerà le famiglie della classe borghese. Che cosa succederà? Ogni giorno che passa a Delhi ci sono tre morti per incidenti. Dall’inizio dell’anno gli autobus guidati da autisti “impazziti” hanno messo sotto un centinaio di persone. La città sta diventando invivibile. Il sindaco Shila Dikshit, che mi sembra una persona sensata e che è da oltre dieci anni al potere, ha suggerito di bloccare l’accesso ai veicoli a diesel che sono circa il 20% del traffico totale. E’ chiaro che non potrà farlo. Tra di loro ci sono i furgoncini che garantiscono l’approvvigionamento alimentare della capitale. Fermarli alle porte di New Delhi scatenerebbe una corsa al rialzo dei prezzi che sono già alle stelle (l’inflazione è al 6%).
Capisco il diritto dei Paesi emergenti ad avere uno sviluppo industriale ed un innalzamento della qualità della vita. Ma è proprio questo che non può avvenire. Mi dispiace e mi sento in colpa perché appartengo a una categoria di persone che in Occidente ha inquinato per decenni. La coperta purtroppo non si può allargare. Il pianeta è solo questo qui e non ce la fa per tutti. Inutile recriminare sulle colpe passate come è avvenuto alla conferenza di Bali. Siamo tutti nella merda, anche gli indiani con i loro sogni di motorizzazione. Per favore cercate di capirlo e non trasformate le città in gironi infernali.
Per favore fermiamoci un attimo e chiediamoci: vogliamo veramente andare avanti così? Almeno per Delhi (ma è lo stesso per Mumbai o Karachi) la viabilità non potrà che peggiorare. Milioni di famiglie non aspettano altro che comprare un’auto per infilarsi in un ingorgo. La Tata Motors al salone dell’auto a gennaio presenta la sua minicar da 2000 dollari. E’ la Topolino degli indiani. Il sogno delle quattroruote che innamorerà le famiglie della classe borghese. Che cosa succederà? Ogni giorno che passa a Delhi ci sono tre morti per incidenti. Dall’inizio dell’anno gli autobus guidati da autisti “impazziti” hanno messo sotto un centinaio di persone. La città sta diventando invivibile. Il sindaco Shila Dikshit, che mi sembra una persona sensata e che è da oltre dieci anni al potere, ha suggerito di bloccare l’accesso ai veicoli a diesel che sono circa il 20% del traffico totale. E’ chiaro che non potrà farlo. Tra di loro ci sono i furgoncini che garantiscono l’approvvigionamento alimentare della capitale. Fermarli alle porte di New Delhi scatenerebbe una corsa al rialzo dei prezzi che sono già alle stelle (l’inflazione è al 6%).
Capisco il diritto dei Paesi emergenti ad avere uno sviluppo industriale ed un innalzamento della qualità della vita. Ma è proprio questo che non può avvenire. Mi dispiace e mi sento in colpa perché appartengo a una categoria di persone che in Occidente ha inquinato per decenni. La coperta purtroppo non si può allargare. Il pianeta è solo questo qui e non ce la fa per tutti. Inutile recriminare sulle colpe passate come è avvenuto alla conferenza di Bali. Siamo tutti nella merda, anche gli indiani con i loro sogni di motorizzazione. Per favore cercate di capirlo e non trasformate le città in gironi infernali.
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