Per favore ridateci i risciò in Chandni Chowk


Era da un po’ di tempo che non andavo nella “città vecchia”, come chi abita nella “nuova” Delhi chiama la storica Shahjahanabad, quella del Forte Rosso e della Grande Moschea, le due principali attrazioni turistiche della capitale. Il bazar di Chandni Chowk, che all’epoca di Shah Jahan, era la “via Montenapoleone” dell’impero mughal, adesso è quello che si può immaginare. Tuttavia conserva il suo fascino con le sue haveli semi-diroccate e le viuzze ricolme di sete, pietre preziose e spezie.
Preso da una furia modernizzatrice, il Municipio da qualche anno sta cercando di cambiare il volto della metropoli in vista delle Olimpiadi del Commonwealth del 2010. Prima c’è stata l’offensiva contro le mucche, macachi e cani randagi, tutte fallite. Poi la guerra all’abusivismo a colpi di demolizioni e sigilli alle serrande. Adesso la sindachessa Sheila Dikshit, da oltre 10 anni al potere, ce l’ha con i risciò a pedali colpevoli di creare ingorghi nelle strade, di sostare selvaggiamente negli incroci e di rallentare il passo delle mega auto che l’industria indiana intende vendere alla middle classe. Circa un anno fa ha messo al bando i pedalatori di risciò dalla strada principale di Chandni Chowk sostituendoli con dei minibus (non tanto mini) a metano di colore verde che fanno la navetta su e giù al costo di 5 rupie per corsa. Il problema è che sono tantissimi e il risultato è che finiscono per provocare ulteriori intasamenti soprattutto quando sostano in doppia fila per aspettare i passeggeri. Almeno prima era possibile fare lo slalom tra i risciò a pedali che saranno “disumani”, è vero, ma almeno non avevano il clacson e non ti stiravano sotto.

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