In un Paese come l’India dove la metà della popolazione ha meno di 25 anni ci si chiede spesso come vivono i giovani, cosa pensano e dove vanno a divertirsi. Ogni tanto qualche settimanale cerca di fare un identikit della gioventù, ma di solito si limita ai ragazzi di Bangalore, la Sylicon valley indiana, che tutte le sere vanno in birreria o che fanno il filo alle ragazze in discoteca. Ci ha provato anche Bollywood ad inquadrare il fenomeno giovanile indiano con un film “Rang De Basanti” di un paio di anni fa sulla ribellione violenta di un gruppo di ragazzi di Delhi contro un ministro corrotto. Ma è pura fiction perché l’impegno sociale, anche in questo caso, è limitato a un’elite di giovani che di solito arrivano dalle migliori università straniere. Nessuno, che mi risulti, ha mai cercato di fotografare le preferenze elettorali dei teenagers pur essendo in futuro un serbatoio di voti immenso per partiti come il Congresso (che però si sta ringiovanendo con l’ingresso di Rahul Gandhi, primogenito di Sonia e quinto erede della dinastia iniziata da Nehru). Mi era capitato un po’ di tempo fa di scrivere un’inchiesta sui giovani di New Delhi da pubblicare su un inserto de “La Stampa” che tra l’altro ha avuto vita brevissima. Devo dire che non è stato facile descrivere i ragazzi e le ragazze indiane che sono omogenei non solo per i tratti fisici, ma anche per i loro gusti e comportamenti. Innanzitutto i loro margini di libertà, oltre lo studio e il lavoro, sono ristrettissimi. La famiglia è determinante fin dai primi anni di scuola nell’orientare il figlio o la figlia verso una certa professione che nella maggior parte dei casi è quella paterna. Il matrimonio è combinato dai genitori in base allo status sociale della famiglia e al livello di stipendio. E’ la logica della casta anche se per noi non è poi così visibile. Non ci si spiegherebbe altrimenti perchè ci sono così tante coppie sposate di medici, professionisti, stilisti o architetti. Il che funziona benissimo perché oltre che a tramandare la tradizione della famiglia si sfruttano le sinergie professionali. L’amore viene dopo gli interessi e comunque è sempre un option di cui si può anche fare a meno. A guidare i giovani sono quindi i risultati scolastici, le pressioni della famiglia e la carriera. E il tempo libero? Come al solito è una prerogativa di quella percentuale esigua di popolazione concentrata il quel fazzoletto di New Delhi, nella parte sud, dove abitano anche gli stranieri.
Molto spesso mi chiedono dove vado a svagarmi in questa città che penso sia agli ultimi posti al mondo per il divertimento forse appena dopo Islamabad e Kabul. Le altre metropoli come Mumbai e Bangalore hanno la fama di essere più goderecce. Delhi è invece un’austera capitale dove i locali per ballare sono appena una manciata appena e la maggior parte sorgono negli hotel a cinque stelle.
Sabato sera, per esempio, ero nell’unica maxi discoteca, l’Elevate, che è pure fuori, a Noida, polo del terziario avanzato a una ventina di chilometri. Si trova in uno degli orribili parallelepipedi di vetro e cemento destinati a diventare centri commerciali di lusso, ma ora ridotti a scheletri di vetrine vuote e corridoi spogli. Le decine di “malls” in costruzione alla periferia di Noda e Gurgaon cambieranno le abitudini di milioni di persone. Trasformeranno New Delhi in una Bangkok. Per adesso però sono delle polverose cattedrali nel deserto circondate da strade da asfaltare e montagne di detriti.
L’Elevate, celebrato come uno dei migliori e più esclusivi “night-club” è una classica discoteca al massimo di decibel con una pista abbastanza spaziosa sormontata da un megaschermo e circondata da una sorta di balconata superiore che è il “prive”. C’è sicuramente l’impronta di un architetto occidentale che ha fatto una fusion tra arredi da palazzo del maharaja con poltrone e accessori “minimal”. Quindi si vede, per esempio, un prezioso divanetto di metallo argentato con braccioli a forma di elefante con dei pouff di pelle bianca che sembrano delle mezzalune o delle banane. Dopo la mezzanotte il locale si è riempito, anche se nulla al confronto con le nostre discoteche al sabato sera. A parte i turbanti colorati dei sikh, che facevano un po’ esotico, dominava l’ordinarietà. Fino al limite della noia. Le ragazze quasi tutte in jeans tre quarti, sandalo con tacco e top ma non troppo scollato. Nulla di sexy. Nonostante il kamasutra, le indiane non sono sexy, ma solo sensuali, quello sì. E se provano ad esserlo diventano improvvisamente volgari. Quindi prevale il modello acqua e sapone, capello liscio e gambe coperte, che è bello, ma omogeneo appunto. Per i ragazzi invece va forte il tipo balestrato, con i bicipiti e pettorali ben gonfi, ma sempre sotto la maglietta, mai le spalle scoperte. Visto che l’ingresso è supergiù sui 40 euro, una cifra iperbolica per un laureato che guadagna in media dai 200 ai 300 euro mensili, sono sicuramente “figli di papà”. La musica, anche quella, abbastanza ordinaria, un remix dei pezzi classici della disco dance, da Madonna a Jennifer Lopez, scelti da un compostissimo dee-jay. Con qualche inserto di Punjabi Rock e - incredibile – una versione disco del tormentone “Hare Krishna”. Mi sembrava quasi blasfemo usare una preghiera in discoteca. E' come sculettare sul ritmo di un Padre Nostro. Ma penso di essere stata l’unica a pensarlo.
Molto spesso mi chiedono dove vado a svagarmi in questa città che penso sia agli ultimi posti al mondo per il divertimento forse appena dopo Islamabad e Kabul. Le altre metropoli come Mumbai e Bangalore hanno la fama di essere più goderecce. Delhi è invece un’austera capitale dove i locali per ballare sono appena una manciata appena e la maggior parte sorgono negli hotel a cinque stelle.
Sabato sera, per esempio, ero nell’unica maxi discoteca, l’Elevate, che è pure fuori, a Noida, polo del terziario avanzato a una ventina di chilometri. Si trova in uno degli orribili parallelepipedi di vetro e cemento destinati a diventare centri commerciali di lusso, ma ora ridotti a scheletri di vetrine vuote e corridoi spogli. Le decine di “malls” in costruzione alla periferia di Noda e Gurgaon cambieranno le abitudini di milioni di persone. Trasformeranno New Delhi in una Bangkok. Per adesso però sono delle polverose cattedrali nel deserto circondate da strade da asfaltare e montagne di detriti.
L’Elevate, celebrato come uno dei migliori e più esclusivi “night-club” è una classica discoteca al massimo di decibel con una pista abbastanza spaziosa sormontata da un megaschermo e circondata da una sorta di balconata superiore che è il “prive”. C’è sicuramente l’impronta di un architetto occidentale che ha fatto una fusion tra arredi da palazzo del maharaja con poltrone e accessori “minimal”. Quindi si vede, per esempio, un prezioso divanetto di metallo argentato con braccioli a forma di elefante con dei pouff di pelle bianca che sembrano delle mezzalune o delle banane. Dopo la mezzanotte il locale si è riempito, anche se nulla al confronto con le nostre discoteche al sabato sera. A parte i turbanti colorati dei sikh, che facevano un po’ esotico, dominava l’ordinarietà. Fino al limite della noia. Le ragazze quasi tutte in jeans tre quarti, sandalo con tacco e top ma non troppo scollato. Nulla di sexy. Nonostante il kamasutra, le indiane non sono sexy, ma solo sensuali, quello sì. E se provano ad esserlo diventano improvvisamente volgari. Quindi prevale il modello acqua e sapone, capello liscio e gambe coperte, che è bello, ma omogeneo appunto. Per i ragazzi invece va forte il tipo balestrato, con i bicipiti e pettorali ben gonfi, ma sempre sotto la maglietta, mai le spalle scoperte. Visto che l’ingresso è supergiù sui 40 euro, una cifra iperbolica per un laureato che guadagna in media dai 200 ai 300 euro mensili, sono sicuramente “figli di papà”. La musica, anche quella, abbastanza ordinaria, un remix dei pezzi classici della disco dance, da Madonna a Jennifer Lopez, scelti da un compostissimo dee-jay. Con qualche inserto di Punjabi Rock e - incredibile – una versione disco del tormentone “Hare Krishna”. Mi sembrava quasi blasfemo usare una preghiera in discoteca. E' come sculettare sul ritmo di un Padre Nostro. Ma penso di essere stata l’unica a pensarlo.
Nessun commento:
Posta un commento