CANARIE/Il Dìa Canario, l'overtourism e i barconi della morte

"Il modo migliore di realizzare i sogni è di svegliarsi", frase attribuita a Paul Valery


Tenerife (Canarie), 2 Giugno 2025
 

   Il 30 maggio le Canarie celebrano la loro festa, si chiama Dìa de Canarias, e commemora la prima seduta del Parlamento canario a Santa Cruz di Tenerife nel 1983. E' un giorno festivo caratterizzato da balli folkoristici in costumi e canti popolari che celebrano le bellezze e le virtù dell'arcipelago spagnolo. Non è solo un'attrazione turistica, ma penso sia una celebrazione autentica. Ciascuna delle otto isole possiede una forte identità che si riflette nella diversità dei costumi tradizionali, delle danze e nella musica. 

Graffiti in un belvedere di Tenerife (Foto Maria Grazia Coggiola)

   Qualche giorno prima della festa, nell'isola di Hierro, la più piccola e la più remota, si è consumata una tragedia, l'ennesima, relativa ai migranti africani che sfidano la sorte attraversando migliaia di chilometri di oceano per accedere all'Unione Europea. Quattro donne e tre bambine, probabilmente loro figlie, sono morte quando il barcone su cui viaggiavano e che era stato soccorso stava per attraccare al porto de la Restinga, nel sud di Hierro. Erano partiti dalla Guinea insieme ad altre 150 persone su un "cayuco" che forse poteva trasportarne solo la metà o un terzo. 

   L'incidente è stato ripreso da una televisione locale che stava documentando l'arrivo dei migranti. Si vede il barcone affiancato a una motovedetta arancione del soccorso marittimo che sta per attraccare alla banchina dove il personale sanitario è già pronto a ricevere i migranti. Ma invece di aspettare il loro turno per scendere a terra, i disperati si lanciano sulla motovedetta tutti insieme e così facendo il barcone si inclina sul lato e poi si rovescia. Decine di persone finiscono in acqua, alcune sono bloccate sotto l'imbarcazione. I soccorritori si lanciano in mare, tirano dei salvagenti, dopo un po' arrivano dei sommozzatori. Ma i bambini e soprattutto quelli che non sanno nuotare non ce la fanno a resistere. Muoiono a pochi metri dall'Europa dopo aver miracolosamente attraversato l'oceano. Una tragedia paradossale che ricorda quella di Cutro, in Calabria, del febbraio 2023. Morti a pochi metri dalla salvezza.    

    Sempre prima del Giorno Canario, sull'altra sponda dell'oceano, su un atollo delle  Granadine arriva un altro caicco con i resti di 12 migranti in putrefazione. Dai documenti emerge che erano del Mali. Non sono riusciti ad arrivare alle Canarie e si sono persi nell'oceano. La corrente e gli alisei li hanno spinti fino ai Caraibi. A gennaio un altro barcone con cadaveri era stata trovato in un'altra isola caraibica. Sono le vittime della cosiddetta ruta canaria spesso relegate in qualche trafiletto di giornale.
Le morti di Hierro sono state riprese in diretta televisiva e per questo hanno suscitato un po' più di attenzione, Ma al di là delle dichiarazioni dei politici, il presidente canariota Fernando Clavijo ha affermato che "è stato il peggior giorno della sua carriera politica", è business as usual. Si balla e si canta al Dìa Canario. Il governo di Hierro ha decretato due giorni di lutto, un gesto simbolico, che non sono sicura quanto sia condiviso dalla gente. Come di fronte agli orrori di Gaza, siamo anestetizzati di fronte alle tragedie che non ci toccano da vicino. E' paradossale perché la Rete dovrebbe invece al contrario amplificare l'indignazione popolare. Invece ci si chiude nel proprio "orticello", che è chiaramente una autodifesa contro chi minaccia il nostro benessere. L'Occidente sta franando e come biasimare chi vorrebbe salvarlo? E' un atteggiamento ipocrita e tacitamente accettato anche dalle forze progressiste.  
   

    Al porto di San Juan, nel sud di Tenerife, dove mi trovo ora, ho fotografato una graffiti che si vede sempre più spesso, Tourists Go Home, che risuona come quella di Yankee Go Home, contro qualcosa percepito come una occupazione da parte straniera.  In questo caso si tratta del fenomeno dell'overtourism, del turismo di massa, che alle Canarie sta provocando oltre a danni ambientali, anche un caro affitti insostenibile per i lavoratori. Anche quest'anno ci sono state manifestazioni da parte di un movimento che si chiama "Canarias tiene un limite". L'ultima protesta del 18 di maggio ha portato in strada migliaia di persone a Tenerife e Gran Canaria, le due isole più colpite dall'overtourism.  Le richieste sono di avere un modello di turismo più sostenibile, forse anche a scapito della perdita di guadagni. Anche questo significa mettere dei muri intorno all'orticello canario per difendersi dai "barbari", che in questo caso arrivano in aereo e non su un caiucco.
Mi ha colpito molto una frase attribuita al filosofo e poeta Paul Valery: "il modo migliore di realizzare i sogni è di svegliarsi".  Di solito la si concepisce in modo positivo, come sprone a destarsi dalla propria passività per agire e seguire le proprie passioni. Però la si può intendere anche in un altro senso, quello di smettere di inseguire i sogni e aprire gli occhi per vedere la realtà che ci circonda. Il mondo, come lo ha visto la generazione che ora è al potere, i Boomers, è profondamente cambiato. Meglio svegliarsi quanto prima dai sogni.   
 

CANARIE/ Hierro, la "fine del mondo" è diventata l'America per migliaia di migranti africani

    L'isola di Hierro, la più piccola delle Canarie, è rossa come una miniera di ferro, da cui deriva il suo nome spagnolo. È il confine occidentale dell'Europa e prima delle conquiste coloniali era la "fine del mondo", almeno quello conosciuto dall'Occidente. Punta de la Orchilla (qui sotto nella foto) è l'ultimo lembo di terra che i naviganti vedevano e ancora oggi vedono prima di attraversare l'Atlantico. Da li nell'antichità passava anche il Meridiano Zero prima che gli inglesi lo spostassero sulla collina di Greenwich a Londra. 
El Hierro/Punta de la Orchilla - Il monumento al Meridiano Zero. @mariagraziacoggiola

   Hierro è un'isola bizzarra. I ginepri sabina sono piegati fino a toccare terra per gli alisei. L'aria è impregnata dell'aroma di artemisia e di altre piante medicinali.  E' stato un inverno particolarmente piovoso e ora i sentieri sono ricoperti di papaveri, fiordalisi, margheritine, tarassaco e altri fiori selvatici di cui non conosco il nome. Una esplosione di colori e di profumi che si levano dal suolo ora di nuovo arso e in parte ricoperto di lava vulcanica, a cui fa da contrasto l'azzurro scuro dell'oceano Atlantico. Era da tempo che non vedevo i papaveri. Si intonano perfettamente con la terra rossastra. Forse sono cosí belli perché si nutrono del ferro di cui é fatta questa isola.

   E' la meno conosciuta dell'arcipelago spagnolo e come ho gia scritto è la più piccola per estensione dopo l'isolotto de La graciosa dove non ci sono strade asfaltate. Ma di recente è salita alla ribalta della cronaca perché è diventata la porta di ingresso in Europa di migliaia di migranti dalla Mauritania e Africa subsahariana. Nel 2024 oltre 23 mila disperati sono arrivati nell'isola, un numero che è tre volte la sua popolazione. Il porto meridionale de La Restinga è stato trasformato in un centro di accoglienza. Mentre i barconi rimangono accastati uno sull'altro, i migranti adulti sono trasferiti in Spagna. I minori invece sono ricollocati in centri di accoglienza su altre isole. 

   Come spiegavo prima in passato era l'ultima terra spagnola che i naviganti lasciavano in cerca di fortuna e ricchezze, adesso è la 'America' per le masse di disperati che vengono da quello stesso 'nuovo mondo' depredato dall'Occidente. Che ironia riserva la Storia. O meglio che contrappasso. Prima volevamo aprire i nostri confini per arricchirci, ora li vogliamo chiudere per proteggere quella ricchezza che abbiamo accumulato grazie alle conquiste coloniali.

ARTE E DEGRADO/Sicilia, il garage per dirigibili di Augusta

 Augusta (Siracusa), 22 dicembre 2024

   Andando a zonzo sulla costa sud orientale della Sicilia, mi sono ritrovata davanti a un incredibile retaggio storico-militare: un hangar per dirigibili. Si trova nella rada di Augusta, città strategica della marina militare e uno dei porti di sbarco degli Alleati nel luglio 1949.

L'hangar visto dal retro (Foto di Maria Grazia Coggiola)

   In realtà ero andata a visitare il borgo marinaro di Brucoli, meta iper turistica, poi sono stata attirata dal profilo della raffineria, che domina il paesaggio di Augusta. L'impianto, ex Esso ora algerino, è un pezzo importante dell'economia siciliana e anche potenzialmente una bomba ecologica. Penso che bisognerebbe praticare un turismo dell'economia reale, oltre che quello delle bellezze del Balpaese, tanto per far capire alla gente da dove arriva la benzina oppure la bistecca che compra al supermercato. Ma non voglio divagare. 

Foto tratta dal libro Più leggero dell’aria - Breve storia del Dirigibile di Raffaele Migneco Omodei

   Tra le ciminiere della raffineria e le petroliere abbandonate nella rada spicca un edificio curioso, il cui uso è veramente difficile da immaginare nella nostra era. E' appunto un garage per dirigibili costruito nel 1917 quando si pensava che questi "palloni volanti" potessero essere dei validi mezzi di trasporto aereo. E' uno dei pochi in Italia sopravissuto ai bombardamenti e, nella sua specificità, è anche un'opera architettonica di valore. Da lontano somiglia a un tempio greco e sfido molti a capire a che cosa serviva. Oggi l'hangar e l'intero parco che lo circonda sono abbandonati, una scandalosa incuria, imputabile al fatto che l'area nel 2012 è diventata zona militare. Prima di allora, leggo nelle cronache locali, la zona era stato bonificata e trasformata in un parco pubblico.

   La storia dell'hangar è ben documentata da ricerche storiche (L'Hangar per dirigibili di Augusta di Ilario Saccomanno) e anche un documentario (La Casa dei Dirigibili, regia di Lorenzo Daniele con la regione Sicilia). La costruzione in cemento armato fu affidato all'architetto Antonio Garboli di Brindisi ed è in linea con lo stile del tempo che ha in nello svizzero-francese Le Corbusier il suo massimo esponente.

   Fu voluto dalla Marina Regia per contrastare i sommergibili tedeschi che imperversavano lungo le coste orientali siciliane. I dirigibili erano più efficaci degli idrovolanti a individuare e colpire gli U-boot tedeschi, per la loro autonomia di volo e per essere in grado di volare a bassa velocità sull'obiettivo. La posizione di Augusta è strategica per il controllo dello stretto di Messina. L'hangar fu progettato per ospitare dirigibili di 12 mila metri cubici, di media grandezza, che dovevano appunto pattugliare le rotte a sud della Sicilia. 

   Realizzato dalla Società Anonima Cementi Armati e Costruzioni Ing Antonio Garboli in cemento armato, materiale "innovativo", l'hangar era una assoluta novità per l'epoca. Però, come spesso accade, i lavori si trascinarono più del previsto, nonostante l'impiego di prigionieri austriaci, e fu ultimato solo nel 1920 quando la guerra era terminata. Quindi l'hangar di Augusta non svolse mai la sua funzione originale. Poi dopo il famoso incidente dello Zeppellin Hinderburg nel 1937, il più grande oggetto volante mai costruito, i dirigibili caddero in disuso. Erano in effetti delle bombe volanti e l'atterraggio era decisamente complicato. Però hanno fatto un pezzo di storia delle esplorazioni soprattutto durante il Ventennio, con le famosa trasvolate di Umberto Nobile sul Polo Nord, l'ultima finita in tragedia.

   Ho fotografato l'hangar dal malandato cancello di ingresso. Peccato vedere così tanta incuria e indifferenza. Non solo perché la storia di un luogo, per quanto controversa, merita un po' di rispetto, ma anche per le potenzialità di uso di un edificio che è sopravissuto a due guerre e a un terremoto. E che è anche un mirabile esempio di architettura.