A bordo della
CMA CGM Medea, Canale di Suez, 29 settembre 2015
Ho messo la
sveglia alle 5 (che in Libano sarebbero le sei). E’ ancora buio. La Medea e’
gia’ incolonnata con altre 34 navi del convoglio che sta per imboccare il
canale. E’ al 21 esimo posto, mi informa
Emile, che e’ sulla plancia insieme a
tutti gli altri ufficiali. C’e’ anche il pilota di Suez, che e’ salito a bordo
per guidarci. E’ prossimo alla pensione, ma ancora molto arzillo, dalle battute
che fa sulla sua ‘girlfriend’ di Alessandria d’Egitto dove abita. E’
comodamente seduto su una delle due poltrone e ogni tanto indica la direzione,
ma senza troppa attenzione, tanto che vedo Carpentier che suda freddo. Si
racconta che un pilota di Suez che si era addormentato aveva fatto arenare un
cargo. Il canale e’ profondo circa 25 metri ma e’ meglio stare nel mezzo.
Con il binocolo
guardo l’ingresso del canale che si avvicina nella luce rosa dell’alba. Mi
sembra di sognare, mi vengono le lacrime agli occhi. Sono emozionata.
Quanto volte ho
visto Suez su una cartina e ho sognato a occhi aperti, da una parte l’Africa e dall’altra l’Asia. La “porta di servizio” per uscire dal
Mediterraneo, punto strategico per i traffici con l’Europa, e per questo
oggetto del desiderio delle vecchie potenze. E poi teatro di una guerra lampo
tra i Paesi arabi e Israele. Mi sorprendo che il nuovo totalitarismo islamico
globale, come lo chiama Domenico Quirico nel libro che sto leggendo (“Il grande
Califfato”, Neri Pozza) o la vecchia Al Qaida non abbiamo mai pensato di prenderlo d’assalto.
Quando iniziamo a
entrare, la luce diventa piu’ forte e si vede benissimo la poppa della MSC
Candice che ci precede di un paio di miglia. E’ una esperienza unica
attraversare il canale dal ponte di comando, a fianco degli ufficiali, che
sembrano meravigliati come me quando vedono il nuovo canale raddoppiato,
inaugurato ad agosto in pompa magna dal presidente Sisi e che permette di far
passare due file di convogli, uno da una parte e l’altro dall’altra.
Nel canale ci
sono molti pescatori che gettano le reti appena passa un cargo. Pare che il rumore delle eliche, la nostra
misura sette metri, attiri i pesci. Mi chiedo cosa c’e’ da pescare data che
l’acqua mi sembra putrida. Me ne sto ad osservare sulla passerella un po’ a
dritta e un po’ a sinistra.
La parte occcidentale e’ verde, ci sono delle
oasi, delle fabbriche, risaie, un’autostrada e perfin una ferrovia. Vedo anche
delle fattorie e una torre con molte aperture, penso sia una delle torri del
vento usate come climatizzatori nel deserto. Sulla parte orientale invece e’
solo sabbia, all’orizzonte si vedono le dune e mi aspetto di vedere spuntare
carovane di cammelli da un momento all’altro.
Ogni tanto ci sono anche degli accampamenti
militari e dei pontili mobili. Il comandante mi fa poi notare delle bitte. Sono
quelle che, in caso di emergenza, sono usate dalla “Suez crew”, che ha perfino
una stanza sull’upper desk che si chiama cosi’
e che viene usata solo un giorno. La loro barca e’ attaccata a noi, c’e’
un uomo a bordo che approfitta della sosta per cambiare l’olio al motore. A bordo gli egiziani vendono souvenir delle
piramidi e altra paccottiglia. Leggo sul libro di Rose George (Deep Seas and
Foreign Going) che di solito gli egiziani pretendono dei piccoli regali, come
sigarette o cioccolata. Il comandante Carpentier dice che di solito sui cargo
francesi salgono i piloti piu’ anziani perche’ sanno di essere trattati bene...
Verso le 10 entra
lo steward Catelini con un vassoio della colazione, omelette, caffe’ e
baguette. Apre un tavolo pieghevole sotto una vetrata e l’anziano pilota viene
fatto accomodare li’ in modo che continui a vedere il canale. Che eleganza, si
vede che la nave e’ francese.
Per la
cronaca il canale e’ lungo 169 km e largo circa 200 o 300 metri. Il progetto e’
di un ingegnere francese Ferdinand Lesseps e gli scavi sono iniziati nel 1874
su ordine dell’allora sovrano egiziano, il faraone Senusret III. Dieci anni di
lavoro garantito da un esercito di manovali strappati alle campagne. Leggo che
permette di accorciare di 10 giorni il viaggio in Asia e di circumnavigare
l’Africa evitando il capo di Buona Speranza, che non e’ sempre un piacere.
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